La Colombia ha registrato una rinnovata ondata di violenza nel 2019, quando alcuni gruppi armati si sono battuti per i territori contesi.
Abbiamo assistito i colombiani sfollati e confinati e abbiamo sostenuto i migranti venezuelani.
Nel dipartimento di Cauca, abbiamo offerto assistenza psichiatrica alla comunità Nasa dopo un massacro in cui sono stati uccisi diversi indigeni.
A Chocó, le nostre équipe gestivano servizi di salute mentale e di base per i membri della comunità indigena Wounaan Nonam, sfollati a causa di scontri tra fazioni armate nel centro di Docordó.
Nell’ultima settimana dell’anno, una nostra équipe a Norte de Santander ha fornito assistenza sanitaria di base e mentale e kit di primo soccorso a più di 100 persone confinate in una scuola di Hacarí.
La nostra équipe mobile di pronto intervento si è concentrata esclusivamente sulle emergenze umanitarie nel dipartimento di Nariño, una delle regioni più colpite dal rinnovato conflitto e da altri episodi di violenza.
Abbiamo offerto assistenza medica e psichiatrica a persone confinate e sfollate a causa di scontri tra gruppi armati nei comuni di Olaya Herrera, Roberto Payán, Magüí Payán e Tumaco, tra gli altri.
Abbiamo inoltre donato kit di primo soccorso a centinaia di famiglie in insediamenti temporanei.
Ancora una volta, le nostre équipe hanno assistito all’effetto dello sfollamento e del confinamento sulla salute mentale delle persone.
Stress, preoccupazione e paura si aggiungono agli impatti psicosociali dell’esposizione ad atti di violenza.
Inoltre, l’assenza di risposte tempestive da parte delle autorità intensifica la sensazione di mancanza di protezione e incertezza.
In Colombia, affrontiamo anche gli effetti sulla salute mentale delle minacce, delle uccisioni mirate e degli sfollamenti intraurbani associati alla violenza urbana.
A Buenaventura, abbiamo continuato a offrire consulenze attraverso una linea di assistenza telefonica dedicata e assistenza completa alle vittime di violenza sessuale e alle donne che desideravano interrompere la gravidanza.
Assistenza a rifugiati e migranti venezuelani
In questo panorama di crescente violenza derivante dall’incongruente attuazione degli accordi di pace, la Colombia è diventata un paese di transito e rifugio per milioni di persone in fuga dalla crisi sociale, politica ed economica del Venezuela.
Secondo i dati ufficiali, ci sono circa 1,6 milioni di venezuelani in Colombia, e sebbene la maggior parte di loro viva nelle principali città, migliaia si sono stabiliti in dipartimenti vicino al confine con il Venezuela, come La Guajira, Norte de Santander e Arauca, dove diventano vittime del conflitto e la risposta del governo è molto più limitata.
In risposta alle esigenze crescenti della popolazione venezuelana in Colombia, abbiamo istituito in questi dipartimenti tre progetti incentrati sull’assistenza sanitaria generale, sulla salute mentale e sulla salute sessuale e riproduttiva, rivolti in particolare alle donne incinte e ai bambini di età inferiore ai cinque anni.
Le nostre équipe hanno fornito assistenza nei comuni di Riohacha, Tibú e Tame e hanno condotto cliniche mobili più volte al mese in luoghi come Uribía, Maicao e Manaure a La Guajira, Puerto Santander e La Gabarra a Norte de Santander e Saravena e Arauquita ad Arauca.
Durante le attività svolte, le nostre équipe hanno riscontrato le molteplici vulnerabilità dei migranti venezuelani e dei richiedenti asilo che non sono riusciti a regolarizzare il loro status nel paese.
Oltre ai rischi di reclutamento da parte di gruppi armati e di prostituzione forzata, devono affrontare difficoltà nell’ottenere assistenza medica, in quanto il sistema sanitario pubblico li esclude da tutti i servizi diversi dal parto, dalle vaccinazioni e dalle emergenze mediche.
Inoltre, hanno difficoltà ad accedere a istruzione, rifugi e lavoro laddove non siano vittime di sfruttamento o non siano esposti a pericoli.
Sostegno alle donne vulnerabili e ai migranti
Il nostro lavoro di sensibilizzazione è volto a migliorare l’accesso delle donne a un aborto sicuro.
Nell’ambito della strategia, è stato pubblicato il rapporto Unsafe Abortion, Women at Risk, per denunciare le barriere sociali, economiche e istituzionali che impediscono l’accesso a questo servizio.
Il rapporto ha evidenziato che l’88 per cento delle 428 pazienti curate da noi nel 2017-2018 ha dovuto affrontare almeno una delle seguenti barriere: ostacoli sociali (emarginazione sociale o molestie da parte di familiari e amici), ostacoli economici o geografici, mancanza di informazioni sulla legge relativa all’interruzione di gravidanza.
Il ventisette per cento delle nostre pazienti che avevano richiesto un aborto sicuro in una struttura sanitaria prima di rivolgersi a noi si era visto rifiutare la richiesta.
Abbiamo aiutato 460 donne a interrompere la gravidanza e ne abbiamo accompagnate 120 a eseguire la procedura in un ospedale pubblico.
In seguito ai risultati del rapporto, abbiamo invitato le autorità sanitarie a garantire la prevenzione delle gravidanze indesiderate aumentando e semplificando l’accesso a servizi efficienti di pianificazione familiare, con particolare attenzione alle adolescenti che vivono in condizioni di povertà o in ambienti rurali.
Le abbiamo inoltre sollecitate a prevenire i decessi e le altre conseguenze di aborti non sicuri, rendendo disponibili e accessibili alle donne e alle ragazze di tutto il Paese servizi completi e sicuri per l’aborto sicuro.
Abbiamo richiesto maggiori investimenti internazionali e una maggiore presenza operativa, in particolare nelle zone di conflitto, assieme a una maggiore assistenza nelle attività di salute sessuale e riproduttiva per la popolazione migrante.