A Bentiu, in Sud Sudan, come in tanti altri posti nel mondo, il grido di aiuto più silenzioso è quello delle donne.
Il campo di protezione civili (POC) di Bentiu profuma di fango e tensione: soldati annoiati bruciati dal calore sorvegliano gli alti muri di filo spinato che circondano il campo mentre centinaia di bambini affollano le strade a tutte le ore, giocando a calcio.
Di uomini non ce ne sono tanti: quasi tutti sono all’esterno, nei villaggi ad allevare bestiame o a combattere.
Ogni giorno passato a lavorare fianco a fianco con le donne più orgogliose e fiere che abbia mai conosciuto mi convince che ci sta sfuggendo qualcosa: la violenza è così comune che spesso le donne che si avventurano fuori dal campo indossano un preservativo femminile nel caso incontrino qualche uomo per la strada che le minacci con un fucile.
Oltre il filo spinato
Dall’altra parte del filo spinato, infatti, è il regno dei fuorilegge: criminali e soldati allo sbando sono esiliati dal campo e costretti a vivere nel “bush”, rendendo l’inevitabile missione giornaliera delle donne per la ricerca di cibo e legna una sentenza all’aggressione.
Eppure, pochissime chiedono aiuto. Quelle che trovano il coraggio di venire in ospedale di solito sono già in stato di gravidanza, o con altri problemi medici che le costringono a cercare un’ostetrica.
È con questa priorità in mente che si lavora, con team di sensibilizzazione che bussano a tutte le porte, lavoratrici che sorvegliano le entrate dalle quali le donne accedano al campo dopo la raccolta, continua formazione del nostro staff e collaborazione con scuole, chiese e altre ONG.
Ma gli alleati migliori sono quelli che non ti aspetti, le persone che capitano nella tua vita alle 5 di un piovoso giovedì pomeriggio e ti permettono di andare a dormire nutrendo nuova speranza nell’umanità, in quei giorni in cui pensi sia tutto perduto.
Sarah: coraggio e determinazione
Così ho conosciuto Sarah, con la prima solida stretta di mano a mento alto, guardandomi dritta negli occhi con la saggezza di chi ha vissuto troppo a lungo nonostante la sua giovane età.
Si è presentata nella stanza di consultazione anti-violenza con una sua amica, che ha convinto a cercare aiuto dopo essere stata aggredita. In un inglese fluente si propone di tradurre la storia dal Nuer e dopo aver preso parte a tutta la sessione e il trattamento medico ringrazia l’ostetrica commessa e mi chiede di parlare.
Dice di aver sentito parlare del servizio che offriamo e mi dice di voler dare una mano: così, di propria iniziativa, quasi ogni giorno comincia ad accompagnare vicine di casa, amiche, sorelle, diventando una specie di portavoce della comunità femminile in una rete intricata di sussurri e segreti.
Il suo coraggio e determinazione saranno sempre una fonte di ispirazione e ammirazione per me, e condividendo questa storia con Voi spero sortirà lo stesso effetto.
Nessuna sarà mai completamente sola con una Sarah in ogni villaggio.