Forniamo cure mediche ai rifugiati etiopi in fuga in Sudan

Forniamo cure mediche ai rifugiati etiopi in fuga in Sudan

Stiamo assistendo i rifugiati etiopi fuggiti dal conflitto armato nel Tigrè negli stati sudanesi di Kassala, principale punto di arrivo dall’Etiopia, e di Gadaref.

Il conflitto, che ha già coinvolto centinaia di migliaia di persone, rischia di destabilizzare altre aree dell’Etiopia, con conseguenze umanitarie potenzialmente catastrofiche, il numero dei rifugiati in Sudan è arrivato a 42.000 persone ufficialmente registrate, ma potrebbe essere ancora più alto.

Sono tre i punti di ingresso in Sudan: il 68 per cento delle persone entra ad Hamdayet, nello stato orientale di Kassala, il 30 per cento nello stato del sud-est di Gedaref, mentre il restante 2 per cento arriva nello stato del Nilo Azzurro.

Ad Hamdayet 300 visite mediche al giorno

Ad Hamdayet, assistiamo le persone che arrivano attraversando il fiume che delimita il confine con l’Etiopia. Molte di loro raccontano di essere fuggite all’improvviso dalle loro case, lasciando ogni effetto personale e camminando per ore, a volte giorni, su terreni aridi e condizioni difficili.

All’arrivo in Sudan, la stragrande maggioranza dei rifugiati si trova nella zona di transito e di confine di Hamdayet, dove scarseggiano cibo, acqua potabile e servizi igienici. Qui la maggior parte dei rifugiati dorme all’aperto, lungo le strade, sotto agli alberi e sosta in un’area del mercato nel villaggio locale.

Alcuni di loro sono stati ospitati nelle case della popolazione locale che finora si è dimostrata aperta e solidale, mentre altri ritornano in Etiopia per aiutare altri membri della famiglia a fuggire o per recuperare i propri effetti personali o ancora per vendere alcuni beni e ritornare in Sudan con un po’ di soldi.

Un piccolo numero di persone è originario dell’Eritrea, precedentemente sfollato in Etiopia, prima di fuggire di nuovo in Sudan.

Il primo team è arrivato ad Hamdayet il 16 novembre per rispondere ai bisogni del crescente numero di rifugiati. Le nostre équipe forniscono cure mediche, screening nutrizionali, supporto psicologico, oltre a svolgere attività di promozione della salute.

In media realizziamo circa 300 visite mediche al giorno, il maggior numero di malattie è correlato a infezioni respiratorie, malaria o diarrea.

Nella clinica è stato curato anche un numero ristretto di rifugiati feriti e persone che hanno subito violenze, mentre molti richiedono cure continue per malattie croniche come la tubercolosi.

Medici rifugiati coinvolti nella risposta umanitaria

Il campo di Um Rakuba, a circa 8 ore di macchina dal confine etiope, è l’unico ufficiale nell’area dedicato agli arrivi dall’Etiopia.

Si trova nello stato sudanese del Gedaref ed ha una capienza massima di 10.000 persone: attualmente ne ospita già 8.000.

Le condizioni sanitarie nel campo sono estremamente precarie, non ci sono abbastanza latrine costringendo così le persone alla defecazione all’aperto.

Qui le nostre équipe hanno fornito 453 visite mediche tra il 19 e il 23 novembre. Le principali patologie sono legate a diarrea e infezioni del tratto urinario. Due pazienti sono arrivati con ferite da arma da fuoco e sono stati poi trasferiti all’ospedale Gedaref per le cure necessarie.

Quindici persone sono arrivate con malnutrizione acuta grave e 154 con malnutrizione moderata. Alcuni mostrano sintomi di ansia e insonnia a causa della violenza che hanno visto o vissuto in Etiopia e delle condizioni dei loro viaggi in Sudan.

Il 3 o 4 novembre, stavo lavorando nel negozio, improvvisamente ho sentito suoni di guerra, rumori molto forti. Non so perché stanno combattendo, ho visto morire molte persone, anche anziani, ne conosco così tanti. Sono confuso, non so perché l’hanno fatto. Nel Tigrè le persone si nascondono nella boscaglia, giovani e meno giovani.Rifugiato etiope

Uno dei problemi principali è la carenza di farmaci per malattie non trasmissibili e croniche. Stiamo lavorando con altre organizzazioni a livello locale per garantire le forniture necessarie.

Il nostro team ha anche individuato molti medici tra gli arrivi dall’Etiopia, che risiedono nel campo come rifugiati. Poiché il personale delle organizzazioni umanitarie non è autorizzato a pernottare nel campo, stiamo lavorando con questi medici per trovare un sistema che consenta assistenza medica 24 ore su 24.

La cosa più difficile è che non abbiamo soldi, niente da cucinare, nessuno ha portato niente da casa sua. Siamo dovuti andare via. Sono arrivato con due paia di pantaloni. Prima dello scoppio della guerra, l’elettricità, la rete telefonica, le banche erano tutte chiuse. Ho dei soldi là, ma non qui. Rifugiato etiope

A Khartoum, stiamo negoziando con le autorità per facilitare l’importazione di forniture mediche e procedure urgenti per i visti affinché il personale aggiuntivo entri nel paese per affrontare questa emergenza.