Dieci anni di Sud Sudan: oltre due terzi della popolazione ha estremo bisogno di assistenza umanitaria

Dieci anni di Sud Sudan: oltre due terzi della popolazione ha estremo bisogno di assistenza umanitaria

A dieci anni dall’indipendenza, in Sud Sudan si stima che 8,3 milioni di persone necessitino di protezione e assistenza umanitaria.

È la fotografia scattata da “10 anni di Sud Sudan tra guerre e violenze”, il nuovo rapporto di MSF che accende i riflettori sulla più giovane nazione al mondo ancora profondamente segnata da un’eredità di sangue, a cominciare dai cinque anni di guerra civile che hanno provocato circa 400.000 morti.

Al momento dell’indipendenza, il Sud Sudan stava affrontando almeno 30 emergenze umanitarie. Parte del paese è stata coinvolta in scontri tra comunità sempre più feroci, mentre iniziavano nuove avvisaglie di conflitto nell’area confinante con il Sudan.

Nonostante le sfide, i primi anni che hanno seguito la nascita dell’indipendenza sono stati caratterizzati da ottimismo e, per la maggior parte del paese, da una relativa pace. Dal dicembre 2013, a meno di due anni dall’indipendenza, il paese è rapidamente sprofondato in una guerra civile, che ha evidenziato tutte le fragilità proprie di uno stato emergente.

Dopo 22 anni di guerra civile, nel 2011 è arrivata l’indipendenza. L’intera popolazione era felice, perché era nato un nuovo paese. Tutta questa speranza è svanita all’improvviso”.Membro staff MSF a Yambio

Campo MSF distrutto Malakal

Nei cinque anni di guerra civile la violenza sessuale è stata usata come arma di guerra, con attacchi sistematici di natura etnica e politica, interi villaggi e città sono andati distrutti e si stima che l’arruolamento forzato nel paese abbia coinvolto circa 19.000 bambini.

Alcune delle violenze più feroci sono state perpetrate in posti considerati sicuri, inclusi gli ospedali pubblici, dove i pazienti e le persone in cerca di rifugio sono state uccise in una serie di attacchi brutali. Milioni di persone sono state costrette a fuggire, spesso più volte, dentro e fuori dal Sud Sudan, incluse centinaia di migliaia di persone che hanno cercato rifugio nei campi di Protezione dei Civili (PoC) gestiti dalla Missione delle Nazioni Unite nel paese (UNMISS).

Dal luglio 2011, ventiquattro membri del nostro staff locale sono stati uccisi, cinque di loro mentre erano a lavoro.

Morti legate a malattie prevenibili

In tutto il paese, le persone sono state colpite da distruzione, sfollamenti, malattie e morte. La violenza ha impedito l’accesso all’assistenza sanitaria, incluse le vaccinazioni, mentre cresceva il rischio di trasmissione di malattie e l’insicurezza alimentare.

Numerosi i fallimenti nel garantire condizioni di vita dignitose alle persone nei campi rifugiati e negli spazi allestiti dalla Protezione Civile per gli sfollati interni. Le persone che fuggivano dal conflitto sono state costrette a vivere in condizioni deplorevoli, dove requisiti di base come lo spazio vitale, l’acqua e i servizi igienici non sono stati soddisfatti, risultando molto al di sotto delle soglie minime per la sopravvivenza.

Ogni giorno dai tre ai cinque bambini muoiono per malattie prevenibili, come la malaria, in diversi campi rifugiati e nei campi di Protezione dei Civili. Nel frattempo, le persone costrette a vivere all’aperto, nella foresta e nelle paludi, sono state esposte rapidamente alle malattie e alla fame estrema.

In alcune aree, il conflitto ha portato ad un ritorno del Kala azar, la seconda malattia parassitaria più diffusa al mondo. A questo si aggiungono epidemie di morbillo, epatite C e colera.

Uomo sofferente di Kala azar

Salute mentale e sistema sanitario al collasso

Milioni di persone in Sud Sudan sono state ripetutamente esposte ad eventi traumatici. Siamo stati testimoni di un aumento dei casi di suicidio e abbiamo lavorato con pazienti che stavano affrontando un disturbo da stress post – traumatico.

La cosa più difficile dell’essere sud sudanese è convivere con la paura. Dormire con la paura. Questo stato crea diversi traumi, non siamo più liberi come quando abbiamo ottenuto l’indipendenza”. Membro staff MSF a Mundri

Il protrarsi del conflitto e delle ripetute crisi umanitarie in Sud Sudan è ulteriormente aggravato da un sistema sanitario debole e cronicamente sottofinanziato, distrutto in molte aree e ampiamente trascurato in altre. Nel 2020, delle circa 2.300 strutture sanitarie presenti oltre 1.300 non erano funzionanti. Meno della metà della popolazione, il 44 per cento, e solo il 32 per cento degli sfollati interni vivono entro cinque chilometri da una struttura sanitaria funzionante.

Un membro di MSF esamina un paziente nell'unità di degenza di MSF nella città di Pibor

Crisi umanitarie continue

Nonostante un accordo di pace nel 2018 abbia posto fine a cinque anni di guerra civile, e la formazione di un governo unico all’inizio del 2020, la situazione resta instabile in molte aree. Nel 2019, il Sud Sudan ha visto una recrudescenza dei conflitti subnazionali e delle lotte tra fazioni, con un aumento tra il 2020 e il 2021.

Oggi, in quella che è la più grande crisi dei rifugiati in Africa, 2.2 milioni di sud sudanesi sono fuggiti per cercare rifugio nei paesi limitrofi. Oltre 1.6 milioni di persone sono sfollati interni. Anche nello scenario migliore, il Sud Sudan resterà vulnerabile a crisi umanitarie nell’immediato futuro e avrà ancora bisogno di assistenza umanitaria.

MSF chiede che i leader del Sud Sudan facciano ogni sforzo possibile per assicurare la sicurezza e la salvezza della popolazione, indipendentemente da qualsiasi agenda politica.

La mia speranza per i prossimi dieci anni è una società e una comunità trasformata, dove possiamo vivere e coesistere gli uni con gli altri”. Membro staff MSF