Ebola in Uganda: cosa sapere sul focolaio di Ebola

Ebola in Uganda: cosa sapere sul focolaio di Ebola

Da quando è stata dichiarata l’epidemia di Ebola in Uganda il 20 settembre, MSF sta collaborando con il Ministero della Salute per organizzare la risposta d’emergenza e aiutare a fermare l’ulteriore diffusione della malattia.

Abbiamo risposto a diverse epidemie di Ebola nell’ultimo decennio, tra cui in Africa occidentale (Guinea, Liberia, Sierra Leone) dal 2014 al 2016 e nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) dal 2018 al 2020. Queste epidemie sono state causate dalla specie Zaire del virus e sono state seguite da progressi scientifici, tra cui l’approvazione di due vaccini e di un trattamento anticorpale per la malattia.

L’attuale epidemia in Uganda è causata da una variante relativamente rara del virus, nota come Sudan, che solleva una serie di sfide mediche e operative per i team sul campo. La diffusione della malattia richiede il rapido sviluppo di soluzioni efficaci per il rilevamento e il trattamento dell’Ebola in un Paese che, negli ultimi dieci anni, è stato relativamente libero da epidemie.

Sono disponibili vaccini per affrontare questa epidemia?

Non esiste un vaccino per il ceppo Sudan del virus, responsabile dell’epidemia in Uganda. Sono in corso discussioni presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per determinare quale tra i vaccini candidati potrebbe essere impiegato in un nuovo studio clinico, con l’obiettivo di ottenere potenzialmente l’autorizzazione all’uso. Poiché al momento non è stata dimostrata l’efficacia di alcun vaccino, è necessario ripensare gran parte della risposta standard.

Il vaccino rVSV, prodotto da Merck, è autorizzato per la specie Zaire del virus Ebola. Nelle epidemie legate a questo ceppo, può essere utilizzato per limitare la diffusione della malattia come parte di una strategia di vaccinazione “a tappeto”, vaccinando le persone che sono entrate in contatto con persone malate, i contatti dei contatti e chi si prende cura dei pazienti.

Un secondo vaccino, prodotto da Johnson & Johnson, può essere utilizzato durante le epidemie per proteggere le persone a rischio di esposizione al virus e può anche essere usato come misura preventiva prima che sia dichiarata un’epidemia per le persone in prima linea nella risposta o per quelle che vivono in aree non ancora colpite.

Con l’attuale epidemia di Ebola in Uganda, tutte le organizzazioni sanitarie coinvolte nella risposta dovranno fare a meno di questo strumento fino a quando non saranno condotti gli studi e non sarà trovata un’alternativa.

Esiste un trattamento medico per il ceppo Sudan di Ebola?

Gli studi clinici condotti nella Repubblica Democratica del Congo dal 2018 hanno identificato trattamenti basati sull’uso di anticorpi monoclonali, specifici per un ceppo del virus: Mab114 e regn-eb3, che consentono di migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza dei pazienti.

Tuttavia, questi anticorpi non sono efficaci contro il ceppo Sudan della malattia. In assenza di questo strumento, il trattamento dell’Ebola in Uganda prevede la gestione dei sintomi della malattia e l’assistenza intensiva (compresa la compensazione della perdita di liquidi, l’apporto di ossigeno, il monitoraggio dei parametri ematici e cardiaci) per migliorare le possibilità di sopravvivenza dei pazienti.

Come in tutte le epidemie di Ebola, le misure di protezione e il controllo delle infezioni all’interno dei centri sanitari sono di fondamentale importanza.

La protezione degli operatori sanitari in prima linea è una delle principali preoccupazioni di MSF. Dobbiamo proteggerli per garantire la continuità del sistema sanitario, formandoli agli standard di prevenzione e controllo delle infezioni e fornendo loro attrezzature di protezione”. Guyguy Manangama Viceresponsabile dei programmi di emergenza di MSF

Da quando è stata dichiarata l’epidemia, le autorità ugandesi hanno confermato la morte di almeno due operatori sanitari, un medico e un’ostetrica.

Che tipo di strutture per il trattamento dell’Ebola sono disponibili in Uganda?

Durante un’epidemia di Ebola, è importante che la risposta medica avvenga vicino alle comunità colpite.

Quanto prima i pazienti ricevono assistenza medica, tanto maggiori sono le loro possibilità di sopravvivenza. Poiché i sintomi iniziali dell’Ebola non sono caratteristici, essendo simili a quelli della malaria o di altri virus febbrili come il tifo, il problema principale è il rapido accesso alle informazioni, alla diagnosi e alle cure. Troppe persone arrivano ai centri sanitari con una malattia avanzata o addirittura muoiono a casa, infettando altri. È questo che dobbiamo evitare”.  Guyguy Manangama Viceresponsabile dei programmi di emergenza di MSF

La nostra raccomandazione è quella di creare piccoli centri o unità di isolamento dove i pazienti possano ricevere il primo soccorso il più vicino possibile al luogo in cui vivono. Nel frattempo, i centri di riferimento più grandi possono fornire una gamma più ampia di cure ai pazienti nelle fasi avanzate della malattia.

Nelle epidemie passate, i pazienti venivano spesso portati direttamente in grandi centri di gestione dei casi al di fuori delle loro comunità, il che in molti casi ha portato alla circolazione di voci all’interno della comunità, all’ostilità verso gli operatori sanitari e al rifiuto della risposta.

Intendiamo sostenere la risposta in Uganda creando piccoli centri nei sottodistretti colpiti, come Madudu (l’epicentro dell’epidemia, situato a 20 km dal capoluogo del distretto, Mubende), e allestendo un’unità di isolamento più grande, con 36 posti letto e capacità di terapia intensiva per i pazienti sospetti e confermati, a Mubende.

I nostri team intendono inoltre collaborare con gli ospedali per consentire loro di diventare centri di riferimento per gli operatori sanitari infettati dalla malattia.

Cosa si sa della diffusione dell’epidemia?

Per tenere sotto controllo un’epidemia di Ebola è essenziale essere in grado di individuare rapidamente le persone infette e identificare i loro contatti, che potrebbero aver viaggiato lontano dall’epicentro dell’epidemia. Nell’attuale epidemia, i casi sono stati confermati in cinque distretti dell’Uganda, quindi in un’area relativamente vasta.

Sebbene l’epidemia sia stata dichiarata ufficialmente il 20 settembre, nella regione colpita sono stati registrati già ad agosto alcuni decessi sospetti potenzialmente legati alla malattia. Come spesso accade all’inizio di un’epidemia di Ebola, la ricerca di casi e il tracciamento dei contatti è in ritardo rispetto alla diffusione del virus. È fondamentale ricostruire le prime fasi dell’epidemia nel modo più accurato possibile, al fine di sottoporre le persone a screening per la malattia e fornire assistenza medica nei luoghi giusti.

Per affrontare efficacemente un’epidemia, è anche essenziale che la popolazione delle aree colpite conosca e comprenda la malattia e sia collaborativa e coinvolta nella risposta. Le attività di sorveglianza a livello comunitario e la ricerca dei contatti sono necessarie per identificare rapidamente le persone potenzialmente infette.

Una volta identificate, queste persone e le loro famiglie devono accedere a un’assistenza sanitaria adeguata o isolarsi per 21 giorni. Per facilitare questo processo, è necessario rimuovere le barriere sociali ed economiche (come il costo del trasporto verso i centri sanitari o i costi legati all’impossibilità di recarsi al lavoro). Ciò può essere fatto aiutando con i costi di trasporto, distribuendo cibo o kit alle persone che si auto-isolano a casa, e offrendo supporto psicologico ai pazienti e alle loro famiglie.

Anche gli strumenti informatici possono facilitare il monitoraggio in tempo reale dell’epidemia.

Cos’è l’Ebola?

L’ebola è una malattia grave e spesso mortale, con un tasso di mortalità fino al 90%. I sintomi iniziali sono simili a quelli di molte altre malattie:

  • insorgenza improvvisa di febbre,
  • affaticamento,
  • dolori muscolari,
  • mal di testa
  • mal di gola.

A questi sintomi iniziali possono seguire vomito, diarrea, eruzioni cutanee, sintomi di insufficienza renale ed epatica e, in alcuni casi, emorragie interne ed esterne.

L’ebola è stata scoperta nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Esistono diverse varianti della malattia, con la specie Zaire che è stato il più comune nell’ultimo decennio. L’attuale epidemia in Uganda riguarda il ceppo Sudan. Da quando il virus è stato scoperto, si sono verificati sette focolai del ceppo Sudan: quattro in Uganda e tre in Sudan. L’ultima epidemia di Ebola in Uganda risale al 2019; l’ultima epidemia di Ebola che ha coinvolto il ceppo Sudan risale al 2012.