Gabriella Grea

Gabriella Grea

Anestesista MSF
Un nuovo futuro

Siamo sdraiati, ognuno sul proprio divanetto, perso nel suo mondo metropolitano d’origine: chi aggiorna il suo diario, chi studia un video di una nuova tecnica chirurgica e chi intrattiene il suo bimbo lontano con una video chiamata.

Il trillo di una notifica irrompe simultaneo sui nostri tre telefoni e ci riporta al presente.

Siamo a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana: un ortopedico, un chirurgo generale e un’anestesista, qui per 6 settimane per dare il nostro contributo a un progetto di MSF. Lavoriamo in un centro traumatologico voluto e gestito dall’Organizzazione, in accordo con il governo dello Stato, che vede fianco a fianco medici e infermieri locali con personale internazionale.

Il messaggio che ci ha raggiunti sulla chat operativa ci aggiorna su un arrivo già preannunciato ieri: atterrerà l’aereo di MSF con un giovane uomo, vittima di un incidente stradale nelle 72 ore precedenti, in allegato le foto dell’arto superiore destro traumatizzato.

Le immagini scorrono veloci, ci cerchiamo con lo sguardo nella speranza di leggere nell’altro un po’ meno orrore. Quell’arto andrà amputato, senza perdere altro tempo prezioso, altrimenti la vita stessa del ragazzo sarà in pericolo, ammesso che non sia già troppo tardi.

Ça va allerandrà bene, supereremo anche questa”, lo abbiamo imparato qui. Quando stai per essere travolto dallo sconforto, quando stai perdendo la speranza, c’è sempre chi ti mette una mano sulla spalla e ti rassicura. Quindi ci raduniamo intorno al tavolo, studiamo insieme e organizziamo il piano di intervento, con i pro e i contro di ogni possibilità.

Il giorno successivo, arriva il giovanissimo autista che non riesce neanche a parlare da tanto è debole e stremato. Tre giorni prima stava guidando nelle lontane province, salito sul tetto del suo camion per assicurare meglio la merce trasportata, cade. Il braccio destro gli fa malissimo, sanguina. Riesce a risalire sul camion e a raggiungere un villaggio. Da qui viene accompagnato al primo centro di soccorso medico a 150 km di distanza, su strade dissestate nella stagione delle piogge, viene stabilizzata la frattura esposta e vengono medicate le ferite, ma il quadro è drammatico ed evidente a tutti: ormai il ragazzo ha perso la sensibilità di quasi tutto l’arto e non riesce più a muoverlo, ha la febbre ed è spaventato.

Esiste una possibilità per la sua vita: raggiungere il centro traumatologico di Sica, in capitale, l’ospedale di MSF. Grazie alla rete di coordinamento tra le varie ONG e il governo locale, si riesce a organizzare il trasferimento aereo. Adesso che è qui con noi, dobbiamo mettercela tutta.

Quando il paziente è sul lettino operatorio, l’ultimo sguardo è sempre per l’anestesista e per l’infermiere di anestesia…quanto coraggio devi infondere in quei pochi secondi? Il ragazzo si affida completamente, anche se sa che potrebbe non svegliarsi e nel migliore dei casi svegliarsi ma senza il braccio destro. Tu, che hai 22 anni e guidi i camion per vivere.

Finito l’intervento, la febbre e il dolore non ci sono più ma non c’è più nemmeno il braccio dominante e, forse, un futuro sicuro in un paese ancora più povero di possibilità. Invece, la sorpresa.

Grazie alla giovane età e alla grinta, supportato da psicologi e fisioterapisti, migliori. Mi rincorri per i corridoi, mi chiami in cortile perché vuoi mostrarmi i tuoi progressi. Sono passate due settimane dall’intervento, stai imparando a scrivere con la mano sinistra e vuoi studiare. Mi chiedi dei libri, soprattutto di storia, ma in realtà va bene tutto. Vuoi studiare per diventare maestro. Perché si può fare il maestro anche con un braccio solo, basta imparare a scrivere sulla lavagna con la mano sinistra, leggere e parlare.

Ti lascio al tuo nuovo futuro mentre finisco la mia missione e mi preparo a rientrare in Italia. “Ça va aller Gabi, andrà bene, buon viaggio”.