Il 22 aprile di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della Terra, una ricorrenza, individuata dalle Nazioni Unite, che a livello internazionale punta a ricordare e sensibilizzare sulla salvaguardia del nostro Pianeta e la difesa dell’ambiente, in un contesto sempre più caratterizzato dall’emergenza climatica.
Gli impatti sulla salute di un clima che cambia sono già un peso per molte persone nel mondo, comprese quelle che assistiamo.
Lavoriamo in alcuni dei contesti più vulnerabili al clima del mondo, rispondendo a molte delle crisi più urgenti: conflitti, disastri naturali, epidemie e sfollamenti. Chi vive in queste zone ha spesso la responsabilità minore sulle emissioni che sono la spinta verso i cambiamenti climatici ma ne subisce gli effetti più immediati e violenti.
In quanto organizzazione medica, è al di là delle nostre competenze definire le cause degli eventi a cui rispondiamo ma prove scientifiche indicano chiaramente che assisteremo a un ulteriore aumento delle temperature e del livello del mare e a eventi metereologici sempre più frequenti e intensi nel prossimo futuro.
Cosa stiamo vedendo e facendo?
Molte delle conseguenze del cambiamento climatico come inondazioni, siccità, forti tempeste, non sono problemi nuovi. L’emergenza climatica sta causando un’intensificazione di questi eventi, sia in termini intensità che di frequenza. Stavamo già rispondendo alle conseguenze di questi fenomeni metereologici estremi ma prevediamo che negli anni a venire peggioreranno.
Malaria e la febbre Dengue
L’aumento delle piogge sembra aumentare il numero di persone affette da malattie trasmissibili da vettori (insetti), come la malaria e la febbre dengue. Nelle Repubblica Democratica del Congo, la malaria causa quattro volte più morti all’anno rispetto a conflitti, meningite, colera, morbillo e malattie respiratorie messe insieme. Negli ultimi anni i nostri team hanno osservato quella che sembra essere una tendenza ad avere forti piogge e un alto numero di pazienti affetti da malaria nell’area. La stessa cosa sta accadendo in Sud Sudan.
Malnutrizione
Siccità e inondazioni si ritiene che abbiano già avuto un impatto sulla malnutrizione in alcune delle aree in cui lavoriamo. A Niamey, Niger, dove le piogge hanno causato inondazioni e spazzato via i raccolti, i nostri team hanno osservato e risposto, negli ultimi due anni, a un numero sempre più alto di casi di malnutrizione. Nel Madagascar meridionale, anni consecutivi di siccità hanno compromesso gravemente i raccolti e l’accesso al cibo, causando una profonda crisi alimentare e nutrizionale, lasciando migliaia di bambini severamente malati e portando intere famiglie in condizioni di estrema povertà.
Violenza e conflitto
In tutto il Sahel, nell’Africa sub-sahariana, i cambiamenti climatici hanno contribuito a creare uno squilibrio tra le terre a disposizione degli allevatori e degli agricoltori. La competizione per le risorse e l’incapacità delle autorità di negoziare l’accesso alla terra hanno provocato conflitti tra i due gruppi, aumentando la violenza e l’insicurezza nella regione, alle cui conseguenze rispondiamo fornendo assistenza medica.
Clima estremo e sfollamenti
Eventi meteorologici estremi più frequenti e gravi aumentano il rischio di lesioni, malattie infettive e insicurezza alimentare. Una grave conseguenza dei fenomeni atmosferici come inondazioni, uragani e cicloni è lo sfollamento. Milioni di persone sono già in movimento a causa delle condizioni aggravate dal cambiamento climatico. Nel settembre 2022, i nostri team hanno risposto a un’alluvione senza precedenti in Pakistan, che ha inondato un terzo del paese e ha colpito almeno 33 milioni di persone, molte delle quali hanno perso la propria casa.
Cosa stiamo facendo per limitare il nostro impatto ambientale?
Anche il nostro lavoro ha un impatto ambientale ma stiamo lavorando per ridurre la nostra impronta e ribadire il nostro obbligo etico di non nuocere non solo alle persone ma anche al pianeta.
Ridurre la nostra impronta ambientale
Alla fine del 2020 abbiamo stilato e firmato il Patto Ambientale. Il patto è un riconoscimento delle ripercussioni ambientali delle nostre attività umanitarie, che restano essenziali per svolgere il nostro lavoro, ma è anche un impegno ad adattarci per ridurre in modo significativo la nostra impronta ambientale. Ci siamo impegnati a ridurre le nostre emissioni di almeno il 50% entro il 2030. Le misure per raggiungere questo obiettivo sono ora incorporate nei piani strategici o d’azione di tutte le principali entità di MSF.
Evitare e ridurre i rifiuti
Stiamo lavorando per garantire una catena di approvvigionamento efficiente e socialmente responsabile, al fine di ridurre, riutilizzare e riciclare i materiali e le attrezzature mediche. Ad esempio, in Uganda abbiamo un progetto che mira a sostituire i milioni di sacchetti di plastica che utilizziamo ogni anno per distribuire i farmaci con sacchetti ecologicamente sostenibili che utilizzano risorse locali realizzate dalle comunità locali. Stiamo inoltre riducendo i rifiuti medici nei nostri ospedali e nelle nostre cliniche, valutando anche la possibilità di abbandonare i prodotti monouso, dove possibile.
Energia solare
Stiamo sviluppando nuove soluzioni energetiche, come l’utilizzo di pannelli solari per alimentare alcune delle nostre attività mediche, dimostrando che il passaggio a pratiche ecologicamente responsabili è possibile anche in contesti con scarse risorse. A Kenema, in Sierra Leone, stiamo attrezzando un ospedale da 182 posti letto con pannelli solari, fornendo energia a un’unità di degenza, a un laboratorio, a una sala di diagnostica per immagini, a una banca del sangue, a un pronto soccorso e a un reparto maternità. In questo modo non solo riduciamo le nostre emissioni di carbonio, ma risparmiamo anche circa 40.000 euro di gasolio all’anno. Sosteniamo anche tre ospedali a energia solare in aree remote della Repubblica Democratica del Congo.
Ridurre al minimo i viaggi in aereo
Stiamo riducendo i nostri viaggi internazionali in aereo, ad esempio partecipando a riunioni o workshop virtualmente anziché di persona. Inoltre, ci stiamo rifornendo di forniture mediche più vicine ai luoghi in cui lavoriamo. Questi cambiamenti sono stati accelerati anche a causa dell’impatto della pandemia COVID-19 sui viaggi internazionali di merci e personale.