Per tre giorni, sette uomini sono rimasti aggrappati ad un barcone ribaltato che andava alla deriva dopo essere partito dalla Libia, mentre le altre 21 persone che erano con loro, tra cui 3 bambini, venivano inghiottite dal mare. Nessun soccorso, fino a quando non sono arrivati a poche miglia da Lampedusa. È quello che hanno racconto i superstiti dell’ultimo, ennesimo naufragio avvenuto ieri davanti dalle coste italiane. Il team di medici, psicologi e mediatori culturali di Medici Senza Frontiere in Sicilia sta assistendo in queste ore una delle persone sopravvissute.
Sempre ieri, poche ore prima, c’è stato un altro naufragio al largo delle coste libiche: 22 persone disperse e 1 corpo recuperato.
Solo nelle ultime 24 ore, sono morte almeno 44 persone nel Mediterraneo Centrale. È il bilancio di un altro tragico giorno di morti e dispersi nel Mediterraneo: oltre 1.300 dall’inizio dell’anno.
La conta dei morti non si fermerà, almeno fino a quando le autorità italiane non si assumeranno le loro responsabilità. Invece che fare di tutto per soccorrere vite in mare, rispettando il diritto e gli obblighi internazionali oltre che morali, i governi italiani e i politici che si succedono si affannano a mettere in piedi politiche sempre più disumane, di deterrenza e di criminalizzazione della solidarietà. Mentre le persone continuano a morire in mare, l’attuale governo italiano persegue le organizzazioni umanitarie e della società civile con continui provvedimenti vessatori. L’ultimo fermo amministrativo per una nave umanitaria di ricerca e soccorso, la Sea Watch 5, è stato emesso ieri, nello stesso giorno in cui oltre 40 persone perdevano la vita nel Mediterraneo, dopo che alla Geo Barents, la nave di Medici Senza Frontiere, è stata imposta una detenzione amministrativa di 60 giorni per aver salvato persone in pericolo. Quante altre persone moriranno in mare mentre le autorità italiane svuotano il Mediterraneo di ogni mezzo di ricerca e soccorso della società civile?” Marco Bertotto Direttore dei programmi di Medici Senza Frontiere in Italia
Le continue morti in mare sono la conseguenza di scelte politiche deliberate, come la criminalizzazione della solidarietà, la militarizzazione e l’esternalizzazione delle frontiere. I governi e le istituzioni europee non solo hanno volontariamente creato il vuoto nel Mediterraneo, riducendo lo spazio umanitario, ma continuano a stringere accordi con paesi terzi, tra cui la Libia, la Tunisia e recentemente l’Albania, per impedire alle persone in fuga e a chi viene soccorso in mare di accedere in modo rapido e sicuro al territorio europeo, aggirando così gli obblighi di protezione e soccorso sanciti dal diritto internazionale e dalle Convenzioni europee.