Nel settembre 2005 Medici Senza Frontiere (MSF) e il Ministero della Sanità armeno hanno avviato il primo e unico programma di cura per la tubercolosi (TBC) farmacoresistente nella capitale Yerevan. Oggi, il primo paziente di MSF ha completato la terapia durata quasi due anni.
“All’inizio non immaginavo tutte le difficoltà che avrei incontrato” dice N.L. “Volevo solo essere curato e tornare a casa dalla mia famiglia. Invece è stato un processo che ha richiesto molto tempo”.
N.L., malato di TBC, era stato in cura, in modo discontinuo, per quasi 15 anni. Dopo aver tentato per anni senza successo di adattarsi a un regime terapeutico rigoroso e impegnativo, i bacilli della TBC hanno gradualmente sviluppato una resistenza ai farmaci. Per paura di infettare la moglie e il figlio, N.L. viveva separato dalla famiglia e, nel timore di venire emarginato, non parlava della sua malattia ai vicini. Nel frattempo le sue condizioni peggioravano sempre di più.
Fino a due anni fa, in Armenia questi ceppi di TBC non venivano curati a causa della complessità della terapia che dura due anni e prevede anche diversi mesi di ricovero in ospedale. I farmaci di seconda linea non solo sono costosi ma spesso provocano violenti effetti collaterali. Inoltre i tassi di guarigione raggiungono solo il 60-70% anche con una terapia adeguata.
Tuttavia N.L. è stato tra i pochi fortunati che hanno potuto iniziare la terapia nell’ottobre 2005. La cura, presso l’unità specializzata in TBC farmacoresistente situata alla periferia di Yerevan, prevede l’assunzione di una combinazione di 20 pillole al giorno, spesso abbinate a una dolorosa iniezione mattutina. “Dopo tre mesi di terapia all’ospedale ho cominciato ad avere gli effetti collaterali” racconta N.L. “Senso di debolezza, vertigini, nausea, stanchezza, cambiamenti di umore, respiro affannoso…Era così intollerabile che mi bastava vedere i farmaci per avere la nausea”.
N.L. soffriva già atrocemente e aveva davanti a sé ancora 20 mesi di terapia. Il suo travaglio quotidiano cominciava a far passare in secondo piano i benefici finali della terapia. “All’ospedale N.L. riceveva visite sopratutto dal figlio che lo ha aiutato moltissimo a superare il senso di isolamento” dice Robert Parker, capo missione di MSF in Armenia. “Anche il nostro team, assistenti sociali, psicologi, medici e infermieri, lo ha incoraggiato su vari fronti e in ogni momento”.
Durante la fase iniziale della terapia per la DR-TBC, il ricovero in ospedale è necessario non solo per monitorare attentamente la risposta del paziente, ma anche per prevenire la diffusione della malattia fino alla conclusione della fase infettiva. N.L. è stato dimesso dall’ospedale quando l’analisi dell’espettorato è risultata negativa, dopo sette mesi di ricovero. Non era ancora guarito ma era in grado di andare a casa e continuare a curarsi ambulatorialmente presso un policlinico di Yerevan. “Un momento cruciale della cura della DR-TBC è il passaggio dal trattamento ospedaliero a quello ambulatoriale” racconta Parker. “Il paziente non è più infettivo e torna alla sua vita normale, ma spesso la sofferenza provocata dagli effetti collaterali supera il disagio recato dalla malattia stessa”.
N.L. non ha fatto eccezione, ha iniziato la terapia ambulatoriale con grande difficoltà. “Ero contento di lasciare l’ospedale e di riunirmi alla mia famiglia. Ma oltre agli effetti collaterali, andare al policlinico tutti i giorni per mesi, d’estate con il caldo e d’inverno con il freddo, non è stato facile. Pensavo che non ce l’avrei mai fatta a superare tutto questo”. “A questo punto, abbiamo cercato di coinvolgere il più possibile suo figlio nella cura” racconta il dottor Oleg Sheyanenko, medico di MSF. “Suo figlio era stato di enorme sostegno dal punto di vista emotivo e N.L. non voleva deluderlo. Il ragazzo aveva un’influenza positiva sulla terapia e molto spesso N.L. seguiva più lui di noi”. Il team di MSF, con il supporto del figlio, ha continuato a incoraggiare e sottolineare l’importanza dell’aderenza alla terapia e in più gli ha dato sostegno psicosociale fornendo pacchi alimentari per garantirgli una dieta bilanciata, un’indennità per coprire le spese sostenute per andare quotidianamente al policlinico, la legna per i mesi invernali e, quando necessario, anche un sostegno psicologico.
Dopo mesi di grande impegno da entrambe le parti, N.L. ha iniziato a credere nell’efficacia e nei benefici della terapia. Con il tempo il suo atteggiamento è cambiato. “Volevo veramente portare a termine la terapia quindi ho continuato a prendere i farmaci regolarmente. Se vuoi vivere devi portare a termine la terapia”. Fino alla fine della terapia, N.L. è andato tutti i giorni al policlinico e non ha mai saltato una dose di farmaco.
“La terapia è terminata, ma in termini tecnici N.L. sarà completamente guarito solo se non ci saranno recidive nei cinque anni successivi” dice Parker. “Ma questo risultato ha certamente dato speranza agli altri pazienti e anche al nostro team. Per la prima volta in due anni il nostro lavoro in Armenia ha prodotto risultati visibili. La cura per la tubercolosi farmacoresistente non è solo molto pesante per il paziente, è anche impegnativa e a volte frustrante sotto il profilo emotivo per il nostro team, perché spesso ci sentiamo in colpa per gli eventuali fallimenti che possono verificarsi. Oggi siamo in grado di rispondere onestamente alla domanda ricorrente dei pazienti: questa terapia funziona? Ha mai guarito qualcuno?”.
“Oggi la mia terapia è da considerarsi conclusa. Ma cosa significa questo per me?” dice N.L. “Significa che non ho più la febbre o la tosse e che sono in grado di interagire liberamente con gli altri. Non dobbiamo perdere la speranza, dobbiamo essere forti e pazienti e allora riusciremo a portare a termine la terapia”.
Mancano efficaci strumenti di diagnosi e cura della tubercolosi farmacoresistente
Poiché la TBC viene percepita come una malattia del passato e una malattia dei poveri, negli ultimi 50 anni la comunità internazionale non l’ha ritenuta meritevole di investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo. Nel frattempo la TBC sta diventando sempre più difficile da curare a causa della rapida diffusione della TBC farmacoresistente. Malgrado l’efficacia limitata, l’inaccettabile lunghezza e gli effetti collaterali della terapia per la TBC farmacoresistente, la produzione globale di farmaci di seconda linea resta insufficiente e ciò rende questi farmaci inaccessibili alla stragrande maggioranza dei pazienti. In Armenia, dove la spesa sanitaria complessiva è tra le più basse dei paesi dell’ex Unione Sovietica, MSF copre l’intero costo della cura e i soli farmaci di seconda linea costano oltre 9mila euro a paziente.
Attualmente MSF sta curando 55 pazienti affetti da TBC farmacoresistente in Armenia in due distretti di Yerevan: 25 sono ricoverati presso la speciale unità di cura situata alla periferia di Yerevan e 30 vengono curati ambulatorialmente presso due policlinici della stessa città.