Migliaia di persone sono intrappolate nel campo di Jabalia, nel nord di Gaza, mentre sono in corso attacchi delle forze israeliane. “A nessuno è permesso entrare o uscire, chiunque ci provi viene colpito” afferma Sarah Vuylsteke, coordinatrice del progetto di MSF. Cinque operatori di MSF sono intrappolati nel campo e temono per la propria vita.
Il 7 ottobre le forze israeliane hanno emesso ordini di evacuazione nel campo di Jabalia e allo stesso tempo hanno effettuato attacchi, impedendo alle persone di lasciare l’area in sicurezza. Le evacuazioni forzate delle case e il bombardamento dei quartieri da parte delle forze israeliane stanno trasformando il nord di Gaza in rovine inabitabili.
Chiediamo alle forze israeliane di fermare gli sfollamenti forzati e di fermare la guerra totale contro la popolazione di Gaza. Le forze israeliane devono anche garantire la protezione dei civili e degli ospedali e consentire l’ingresso nel nord delle forniture umanitarie di cui c’è un disperato ed urgente bisogno.
Testimonianza di Haydar, una delle cinque persone dello staff MSF intrappolate con la sua famiglia nel campo di Jabalia
La notte del 6 ottobre abbiamo sentito bombardamenti e scontri ed eravamo davvero spaventati. Giorno dopo giorno, la situazione è peggiorata e alla fine abbiamo deciso di andarcene ma poi ci siamo resi conto che era difficile, perchè il campo di Jabaliya era assediato.
Non potevamo uscire, quindi siamo rimasti dentro l’ospedale di Yemen Alsae’d.
Il 9 ottobre, le forze israeliane hanno bombardato anche l’ospedale e dato fuoco alle tende. Più di 20 persone sono state uccise nell’attacco e altre sono rimaste ferite.
Ho sei figli, uno di loro ha anche lui sei figli: durante l’attacco uno dei miei nipoti è morto. Ora sono qui, non so cosa fare, non ho scelta. Sono agitato, molto arrabbiato e terrorizzato dalla situazione che stiamo vivendo.
Da un momento all’altro so che potrei morire. Potrei essere ferito, così come la mia famiglia, potremmo morire tutti. Mia moglie ha bisogno di una sedia a rotelle, ha difficoltà a muoversi, ed è malata. Anche se volessi andar via è difficile farlo.
La gente muore di fame: non c’è cibo né acqua potabile. Ho paura di restare qui e ho paura di andarmene perché ogni luogo del nord è pericoloso, non c’è un posto sicuro. Non so come descrivere quello che provo, un misto di terrore e lacrime. Nel frattempo, tengo in braccio i piccoli che piangono, costretti ad assistere a queste atrocità.