Nelle ultime settimane, da quando è stato attuato il cessate il fuoco a Gaza, abbiamo assistito a un’escalation di violenza estrema in Cisgiordania e in Palestina, in particolare a Jenin, Tulkarem e Tubas.
Il 21 gennaio Israele ha lanciato un’operazione militare chiamata “Muro di ferro” che ha ucciso almeno 50 palestinesi tra i quali una bambina di 2 anni. 20.000 residenti a Jenin e più di 6.000 residenti a Tulkarem sono stati costretti a sfollare e gli attacchi hanno inoltre danneggiato circa 150-180 case.
Brice de la Vingne, coordinatore dell’unità di emergenza di Medici senza frontiere (MSF), fornisce un aggiornamento sulla situazione e sulla nostra risposta umanitaria.
Qual è la situazione attuale in Cisgiordania dopo il recente cessate il fuoco a Gaza?
Da domenica 19 gennaio e dall’attuazione del cessate il fuoco a Gaza abbiamo assistito a un aumento degli attacchi violenti e dei blocchi in tutta la Cisgiordania. Il 21 gennaio l’esercito israeliano ha annunciato l’inizio dell’operazione chiamata “Muro di ferro”, che è iniziata nel campo profughi di Jenin. Gli attacchi si protraggono da quasi due settimane e si sono ora estesi alla città di Tulkarem, dove ci sono stati molti attacchi aerei israeliani.
Tra le vittime ci sono 3 infermiere e 2 medici che erano stati colpiti mentre si trovavano all’ospedale Khalil Suleiman di Jenin. Le forze israeliane hanno ucciso anche un paramedico e una bambina di 2 anni durante un raid a Tulkarem.
Questo si sta verificando dopo più di un mese di operazioni violente condotte dalle autorità palestinesi nel campo di Jenin a dicembre 2024, fino a quando l’operazione militare israeliana ha preso il sopravvento. Di conseguenza, i palestinesi a Jenin erano già alle prese con la carenza di forniture vitali, come acqua o elettricità.
Quali sono le conseguenze per le persone che vivono nella zona?
Le forze israeliane impongono severe restrizioni alla circolazione a Jenin, ma anche nel resto della Cisgiordania, caratterizzate dalla chiusura delle strade, lunghe attese ai posti di blocco e dall’installazione di nuovi cancelli alle entrate dei villaggi. Questo rende ogni spostamento complicato, a prescindere che si tratti di andare al lavoro, visitare i parenti o cercare assistenza medica.
Secondo l’ONU il 68 per cento dei punti di servizio sanitario in Cisgiordania non può ora funzionare per più di 2 o 3 giorni alla settimana e gli ospedali funzionano a solo il 70 per cento della loro capacità.
A Jenin e Tulkarem la situazione è ancora più grave, poiché le persone non hanno cibo, acqua e carburante a causa del blocco e degli attacchi ricorrenti.
Dall’inizio del 2025 le forze israeliane hanno ucciso 70 palestinesi in Cisgiordania. Tra questi, 38 palestinesi sono stati uccisi nel governatorato di Jenin.
In che modo sta rispondendo MSF?
Stiamo sostenendo l’ospedale Khalil Suleiman a Jenin con carburante e acqua, abbiamo fornito oltre 10.000 litri di carburante e oltre 800.000 litri di acqua per mantenere in funzione l’ospedale.
Abbiamo anche fornito aiuti umanitari a Jenin e a Tulkarem distribuendo kit di igiene di base, cibo e materassi. A Tulkarem, all’interno del campo, stiamo collaborando con la Società palestinese della Croce Rossa per sostenere le persone vulnerabili con materiale medico, acqua potabile, pane e pannolini per bambini.
A Nablus e Hebron, dove lavorano anche le nostre squadre, abbiamo dovuto ridurre e adattare le nostre attività mediche a causa delle restrizioni alla circolazione. Tuttavia, nonostante le restrizioni agli spostamenti, resteremo nella zona per sostenere le persone in tutta la Cisgiordania.