Gestiamo una serie di progetti in tutto il Messico, erogando assistenza medica e mentale a migranti e rifugiati provenienti dall’America Centrale e a cittadini messicani deportati dagli Stati Uniti.
In Messico le nostre équipe hanno intensificato nel corso del 2019 le attività lungo il confine settentrionale con gli Stati Uniti, in seguito al disfacimento del sistema di tutela dei richiedenti asilo nella regione e alle politiche di immigrazione basate su criminalizzazione, dissuasione e contenimento, che hanno intrappolato migliaia di migranti in pericolose città messicane.
Lungo un percorso precedentemente intrapreso principalmente da uomini, abbiamo osservato un numero crescente di donne, bambini e intere famiglie, fuggiti dalla violenza estrema e dalla povertà nei loro Paesi d’origine, Honduras, El Salvador e Guatemala, il cosiddetto Triangolo settentrionale dell’America centrale.
A febbraio 2019, abbiamo inviato un’équipe a Piedras Negras, nello stato di Coahuila, per prestare assistenza a circa 1.700 migranti honduregni che si erano rifugiati in una fabbrica abbandonata e a cui la polizia e i militari impedivano di ripartire.
I migranti sono stati poi trasportati con la forza in autobus in altre città altrettanto o più pericolose, come Reynosa.
Le nostre équipe che già lavorano a Città del Messico (presso il Centro per le Vittime dell’Estrema Violenza e della Tortura), a Tenosique e Coatzacoalcos a sud, e a Reynosa e Matamoros a nord, hanno istituito basi a Mexicali, Nuevo Laredo e Monterrey per prestare assistenza a un numero crescente di persone che si trovano ad affrontare barriere fisiche, burocratiche e politiche opprimenti e che non riescono a trovare rifugio.
Tra coloro che hanno ricevuto assistenza al confine settentrionale vi erano molti messicani deportati dagli Stati Uniti.
Nuevo Laredo è il punto d’ingresso ufficiale negli Stati Uniti dallo stato di Tamaulipas, e uno dei principali punti di rimpatrio per i cittadini messicani.
Qui, e in altre città del nord, i migranti e i richiedenti asilo sono sottoposti al cosiddetto “metering“, una pratica che limita il numero di persone che possono richiedere asilo ogni giorno in un punto di ingresso al confine tra Stati Uniti e Messico.
Dal mese di luglio 2019, Nuevo Laredo ha inoltre iniziato a ricevere persone rimandate in Messico in attesa di una risoluzione giudiziaria dopo aver presentato domanda di asilo negli Stati Uniti, in base ai cosiddetti protocolli per la protezione dei migranti (MPP, Migrant Protection Protocol).
Assistiamo i migranti in diversi rifugi in tutta la città e abbiamo più volte denunciato il pericolo di costringere le persone a rimanere in città come Nuevo Laredo, che, tra tutti i luoghi dove lavoriamo, è quello in cui i migranti sono più esposti a rapimenti ed estorsioni.
Il 21 per cento dei 643 migranti osservati nel nostro programma di salute mentale a Nuevo Laredo nel 2019 è stato vittima di un rapimento.
I nostri pazienti si sono trovati ad affrontare un lungo ciclo di pericoli ineluttabili.
Molti sono stati costretti a fuggire dalle proprie abitazioni come unica opzione di sopravvivenza e hanno subito violenze mirate lungo tutto il percorso migratorio in Messico.
A Tamaulipas, sono esposti a ulteriori violenze.
A Mexicali, abbiamo allestito una sala di consultazioni che fornisce assistenza a migranti, rifugiati, deportati, sfollati interni e a coloro che sono rientrati in Messico sotto il regime degli MPP.
In ottobre, abbiamo inoltre avviato attività a Monterrey, uno dei principali poli di migrazione sulla rotta del nord-est, con l’obiettivo di individuare i pazienti che necessitano di cure speciali dopo episodi di violenza estrema.
Inoltre, abbiamo formato il personale nei rifugi per identificare questi casi in modo che potessero essere trasferiti al nostro centro specializzato per le vittime di tortura a Città del Messico.
Nel 2019, abbiamo proseguito il nostro progetto a Reynosa, occupandoci delle vittime di violenza, inclusa la violenza sessuale, e dei messicani rimpatriati dagli Stati Uniti.
Ad aprile, abbiamo assistito a un aumento del numero di migranti in arrivo in città a causa della politica di “metering”.
Abbiamo quindi dovuto incrementare i servizi per le persone che vivono nell’unico rifugio della città.
Questo rifugio ha una capacità di 150 persone, ma a volte ve ne abitavano circa 450 e si stima ce ne fossero circa altre 2.000 in lista d’attesa, al di fuori, esposte a rapimenti, estorsioni, furti e violenze sessuali.
Abbiamo inoltre dovuto ampliare le nostre operazioni nella città di Matamoros per assistere le persone in viaggio.
Per i primi mesi dell’anno, si trattava per lo più di rimpatriati messicani, ma la situazione è cambiata ad agosto, quando in città sono stati attuati gli MPP e ogni giorno arrivavano fino a 100 richiedenti asilo costretti a tornare in Messico.
È stato allestito un campo improvvisato vicino al ponte internazionale, ma la gente non aveva accesso all’acqua, ai servizi igienici o a qualsiasi tipo di servizio.
Nel sud del paese, lavoriamo nell’unico rifugio di Tenosique, una città vicino al confine con il Guatemala, fornendo assistenza medica e cure psichiatriche.
A Tapachula, il principale punto d’ingresso in Messico, abbiamo effettuato un breve intervento simile a quello di Monterrey per aiutare a individuare le vittime di torture e di violenze estreme.
A Coatzacoalcos, un punto di transito dove i viaggiatori di solito fanno una pausa prima di proseguire il viaggio a bordo del Beast, il treno merci che attraversa il Messico, le nostre équipe gestiscono una clinica mobile.
A giugno, abbiamo denunciato le autorità messicane per aver effettuato incursioni e detenzioni di massa, persino mentre le nostre équipe erano presenti e assistevano i pazienti.
Sebbene in Messico l’“ingresso illegale” sia un reato civile e non penale, i migranti arrestati vengono rinchiusi in centri di detenzione e poi deportati nei loro paesi d’origine.
Abbiamo visitato diversi centri di detenzione e denunciato il sovraffollamento, l’insufficienza delle cure mediche, l’inadeguatezza del cibo, dell’acqua e dei servizi igienici.
Sempre più spesso il nostro personale al nord incontra messicani fuggiti da stati pericolosi come Guerrero, nel quale peraltro operiamo.
Lì le équipe assistono le comunità colpite o isolate dalla violenza dilagante della zona, perpetrata da numerosi gruppi criminali.
Tre nostre équipe gestiscono cliniche mobili in tutto Guerrero, concentrandosi sui villaggi più colpiti da attacchi o eventi violenti.