La malattia del virus Ebola è una febbre emorragica molto grave e spesso fatale nell’uomo. Tra i cinque diversi sottotipi del virus: Zaire, Sudan, Ivory Coast, Bundibugyo e Reston, solo i primi quattro sono patogeni per l’uomo e negli anni hanno provocato epidemie in diversi paesi africani, con tasso di mortalità variabile dal 25% al 90%.
Sintomi dell’ebola
Inizialmente, i sintomi sono aspecifici, rendendo molto difficile la diagnosi clinica. La malattia è spesso caratterizzata da un improvviso accesso di febbre, astenia, dolore muscolare, cefalea e mal di gola. Questi sintomi possono essere seguiti da vomito, diarrea, eritemi, funzione renale ed epatica compromesse e, in alcuni casi, fenomeni emorragici che includono sanguinamenti dal naso, vomito ematico, diarrea mista a sangue, emorragie interne e congiuntiviti emorragiche. Tuttavia, le emorragie si riscontrano in meno del 50% dei casi. I sintomi possono manifestarsi da 2 a 21 giorni dopo il contatto, con un picco tra il settimo e il quattordicesimo giorno dal contatto.
40.000 persone vaccinate da MSF durante l'undicesima epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo
Come avviene la trasmissione
Il serbatoio naturale del virus Ebola è un tipo di pipistrello o altri animali che vivono nella foresta. L’introduzione del virus Ebola in comunità umane avviene attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi biologici (es saliva, urina, vomito) di soggetti infetti (vivi o morti) e in contatto con ambienti contaminati da tali fluidi. Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, oltre al personale sanitario, per l’elevata probabilità di contatti. In Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il diretto contatto con il cadavere dei defunti hanno probabilmente avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia.
Come viene curata la malattia da virus Ebola
Non esiste alcun trattamento specifico per curare questa malattia. Il trattamento standard per l’Ebola è stato finora limitato a una terapia di supporto sintomatico che consiste nell’idratare il paziente, nel mantenerlo ossigenato e con un livello di pressione arteriosa adeguata, nel fornire un’alimentazione altamente nutritiva e nel trattarlo con antibiotici e antimalarici per prevenire ulteriori infezioni. Il supporto terapeutico offerto, a volte, aiuta il paziente a sviluppare una risposta immunitaria sufficiente per superare la malattia.
Sulla scia dell’epidemia di Ebola in Africa occidentale del 2014-2016, è stato sviluppato tale vaccino che può aiutare a controllare un’epidemia.
Questo è stato sperimentato e successivamente utilizzato in una serie di successive epidemie di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, come parte della strategia globale per controllare l’epidemia; oltre 40.000 persone sono state vaccinate durante l’undicesima epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, che si è conclusa nel novembre 2020.
L’epidemia di Ebola del 2014 in Africa Occidentale
Nel 2014 si è registrata un’epidemia senza precedenti in termini di aree geografiche coinvolte, casi registrati e tasso di mortalità. Dalla Guinea, dove l’epidemia viene confermata per la prima volta il 22 marzo 2014, il virus si è rapidamente diffuso in Liberia, Sierra Leone e, con un’estensione contenuta, in Nigeria, Senegal e Mali. Il numero dei contagi è aumentato esponenzialmente rendendo ancora più complicata la ricostruzione dei contatti, e quello che all’inizio sembrava un problema locale si è trasformato in una crisi umanitaria internazionale.
L’epidemia si è protratta per quasi due anni, ha visto il coinvolgimento simultaneo di diversi Paesi, ha colpito i contesti urbani e ha contato un numero di casi e di morti enormemente superiore a quelli notificati globalmente nelle diverse epidemie riportate dal 1976, anno in cui l’Ebola è stata per la prima volta identificata e descritta, ad oggi.
L’epidemia ha fatto registrare 28.652 casi sospetti, 15.261 casi confermati al laboratorio e 11.325 decessi con una mortalità pari al 40%.
Con le nostre équipe siamo intervenuti sia nei tre paesi maggiormente colpiti dal virus, Guinea, Liberia e Sierra Leone, sia in Nigeria e Senegal, dove l’epidemia è stata contenuta. Abbiamo più volte chiesto un intervento massiccio della comunità internazionale per tentare di arginare l’epidemia ed evitare che i già fragili sistemi sanitari collassassero definitivamente. Abbiamo trattato complessivamente circa il 60% dei casi registrati durante l’epidemia del 2014. L’epidemia si è conclusa ufficialmente a giugno 2016 con gli ultimi casi registrati in Liberia.
Il nostro intervento
Abbiamo affrontato tutte le epidemie di Ebola riportate negli ultimi anni ma, fino al 2014, queste epidemie si erano verificate in aree remote e lontane dai centri urbani pertanto sono state più facilmente gestite.
Durante l’epidemia del 2014, siamo intervenuti sin dall’inizio, con tutte le attività necessarie a fronteggiare Ebola. Abbiamo:
costruito e gestito centri di isolamento per il trattamento dei pazienti affetti dalla malattia.
installato camere di decontaminazione tra i pazienti in isolamento e l’ambiente esterno
curato i pazienti per limitare la diffusione del contagio
supportato i Ministeri della salute locali nell’attività di sorveglianza epidemiologica
inviato i nostri esperti tra le comunità locali per definire la mappatura dei contatti
sensibilizzato le comunità sulla diffusione della malattia e sulle misure igienico-sanitarie da adottare
formato gli operatori sanitari locali e fornito supporto psicologico
Nel momento di più esteso intervento nei 3 paesi maggiormente colpiti, abbiamo impiegato quasi 4.000 operatori nazionali e oltre 325 staff internazionale per combattere l’epidemia. L’assistenza ai pazienti è stata affidata a personale esperto e formato sulle tecniche di isolamento necessarie, sull’utilizzo di dispositivi di protezione e sul rispetto scrupoloso delle norme di comportamento in tutte le fasi dell’assistenza al malato.
Cure per i sopravvissuti
I sopravvissuti al virus Ebola hanno comunque dovuto affrontare numerose conseguenze sia fisiche (fatica cronica, problemi all’udito e alla vista) che mentali, oltre all’isolamento e alla stigmatizzazione da parte della comunità, e hanno richiesto cure dedicate e specifiche. Abbiamo per questo realizzato cliniche per il trattamento e la cura dei sopravvissuti.
Alla fine del 2016, quando la maggior parte delle condizioni acute che avevano colpito i sopravvissuti al virus si sono attenuate o sono state trattate, abbiamo iniziato a chiudere i centri e i programmi di salute mentale e predisposto per quanti ancora necessitavano uno speciale supporto psicologico un passaggio di consegne verso altre organizzazioni o verso il sistema sanitario nazionale.
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