Lontano dagli occhi, lontano dal cuore: disperazione, malattia e morte nei centri di detenzione in Libia.

Il reportage fotografico di Jérôme Tubiana sulla catastrofica condizione sanitaria nei centri di detenzione di Zintan e Gharyan.

Nei centri di detenzione in Libia, nominalmente sotto il controllo del ministero dell’interno di Tripoli, sono arbitrariamente imprigionati tra i 5.000 e i 6.000 rifugiati.

Il conflitto che si protrae da aprile tra il Governo di Accordo Nazionale libico e l’Esercito Nazionale libico, li ha solo messi ulteriormente in pericolo con limitate prospettive di mettersi in salvo nel prossimo futuro, nonostante le ripetute richieste di protezione ed evacuazione.

Lontano dai combattimenti, a migliaia rimangono imprigionati per periodi indefiniti, in condizioni malsane, esposti agli abusi, in preda alla disperazione e a rischio di morte.

A sud di Tripoli, tra le montagne Nafusa, persone che necessitano della protezione internazionale e registrate da UNHCR come richiedenti asilo o rifugiati, sono state abbandonate nei centri di detenzione per mesi – in alcuni casi anni – praticamente senza alcun tipo di assistenza.

Tra settembre 2018 e maggio 2019 almeno 22 persone sono morte durante la detenzione, la maggior parte a causa della tubercolosi, a Zintan e Gharyan. Tra i morti c’erano giovani uomini, donne e un bambino di 8 anni.

Nel centro di detenzione di Zintan circa 700 persone erano recluse in un capannone agricolo sovraffollato e altre 200 erano detenuti in vari edifici più piccoli.

Le condizioni igienico-sanitarie nel capannone principale erano terribili.

I detenuti erano rinchiusi con quattro bagni a malapena funzionanti, secchi in cui urinare, niente docce e accesso limitato all’acqua, in ogni caso non potabile.

Probabilmente un’epidemia di tubercolosi ha imperversato per diversi mesi nel centro di detenzione.

Il capannone principale è stato liberato a giugno e le persone rimaste smistate tra gli altri edifici all’interno del complesso del centro di detenzione. Alcuni attualmente dormono in stanze di 15 m2 insieme ad altre 20 persone.

All’inizio di quest’anno circa 50 dei detenuti in condizioni di salute più critiche sono stati trasferiti dal centro di Zintan a quello di Gharyan, che è diventata un’area fortemente militarizzata quando l’Esercito Nazionale libico ne ha acquisito il controllo durante l’offensiva per il controllo di Tripoli ad aprile.

La direzione del centro di detenzione ha distribuito ai rifugiati catene e lucchetti, ufficialmente per proteggersi dalle incursioni di gruppi armati in assenza delle guardie.

Il 26 giugno, 29 persone si trovavano ancora nel centro di detenzione di Gharyan quando le forze Governo di Accordo Nazionale hanno ripreso il controllo della città in seguito a violenti combattimenti, inclusi bombardamenti aerei. I detenuti erano temevano per la loro vita e non avevano un posto dove rifugiarsi nel corso della battaglia.

Una settimana dopo, sono stati finalmente tutti ricollocati a Tripoli: 8 sono stati trasferiti in ospedale da MSF e 21 in un programma di protezione gestito da una ONG.

La maggior parte delle persone detenute a Zintan scappano da persecuzioni e violenza in Eritrea e in Somalia.

Alcune si trovano nel centro di detenzione di Zintan da marzo 2017. Gli ultimi arrivati sono stati portati nel centro dopo essere stati arrestati a un checkpoint. Ma la maggior parte dei prigionieri sono stati trasferiti a Zintan da diversi centri di detenzione a Tripoli a settembre 2018, dopo l’inizio dei combattimenti nella capitale.

In seguito a recenti episodi di combattimento a Tripoli, è stato riportato che alcuni rifugiati e migranti hanno rifiutato il trasferimento, temendo a ragione di restare dimenticati a Zintan, lontano dagli occhi e con scarso accesso alle cure mediche.

Molti hanno già subito esperienze terribili in Libia. Sono stati rapiti dai trafficanti che li hanno sottoposti a violenze sessuali e torture. Riportano traumi sia fisici che psicologici.

Invece di ricevere una via di fuga e la protezione a cui hanno diritto, questi rifugiati sono condannati a un ciclo indefinito di violenza e detenzione.

Il livello dei traumi e della disperazione, esacerbati da una detenzione illimitata, è così opprimente che sono stati riportati diversi tentativi di suicidio.  I detenuti spesso si trovano a dover bloccare i compagni di cella in preda alla disperazione e afflitti da problemi di salute mentale, per impedire che facciano del male a sé stessi o ad altri.

Per rispondere a un contesto così critico, le équipe di MSF forniscono consulti medici e organizzano trasferimenti agli ospedali dalla fine di maggio. Solo nelle prime settimane di luglio sono stati effettuati 4 trasferimenti e oltre 120 consulti.

Le nostre équipe mediche possono fare ben poco per alleviare le sofferenze di queste persone, dal momento che i nostri pazienti rimangono in condizioni di detenzione prolungata e le loro necessità di protezione internazionale restano inascoltate.

Il Pane e la pasta sono gli alimenti maggiormente distribuiti fra le persone detenute e costituiscono una dieta estremamente sbagliata quando assunti per un periodo prolungato, specialmente per le persone con necessità mediche. Inoltre la tubercolosi può causare la malnutrizione e, viceversa, la denutrizione aumenta il rischio di contrarre la tubercolosi.

Le nostre èquipe hanno condotto diverse distribuzioni di cibo per integrare la loro dieta con tonno, sardine, datteri e succhi. Abbiamo anche distribuito latte in polvere per neonati e articoli per l’igiene.

Il 3 giugno, UNHCR ha trasferito 96 persone dal centro di detenzione di Zintan in una struttura gestita da UNHCR a Tripoli dove attenderanno di essere evacuati dalla Libia.

Attualmente, 585 sono ancora detenute nel centro di detenzione di Zintan.

Le evacuazioni e i trasferimenti dei rifugiati e dei richiedenti asilo dalla Libia devono essere urgentemente intensificati. Per molte persone intrappolate nei centri di detenzione è questione di vita o di morte.