Cinque anni. Questo il periodo di operatività del Memorandum Italia-Libia, l’accordo con cui i Paesi sulle due sponde del Mediterraneo si impegnano ufficialmente in “processi di cooperazione, contrasto all’immigrazione illegale e rafforzamento della sicurezza delle frontiere”.
Cos’è il Memorandum Italia- Libia
Siglato nel febbraio del 2017, il Memorandum d’intesa sulla migrazione è un accordo instaurato tra il governo italiano e quello libico per tenere fuori dall’Europa migranti, rifugiati e richiedenti asilo.
Il 2 novembre 2022, l’accordo Italia-Libia si rinnoverà in automatico e continuerà ad alimentare la spirale di violenze, torture, abusi e detenzione arbitraria a cui sono sottoposti uomini, donne e bambini che restano intrappolati in Libia o in Libia vengono respinti, dopo essere stati rintracciati in mare.
L’accordo prevede il sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica, attraverso fondi, mezzi e addestramento. Continuare a supportarla significa non solo contribuire direttamente e materialmente al respingimento di uomini, donne e bambini ma anche sostenere i centri di detenzione – ufficialmente definiti “di accoglienza” – dove le persone vengono sottoposte a trattamenti inumani e degradanti, vengono abusate e uccise.
Dal 2017 all’11 ottobre 2022, in quasi 100.000 sono stati rintracciati nel Mediterraneo dai guardiacoste libici e riportati in un paese che non può essere considerato sicuro. Arrestati, detenuti, sfruttati, spogliati di ogni diritto.
La trappola Libia
Nel nostro rapporto “Out of Libya” (pubblicato a giugno 2022) abbiamo raccolto e descritto i punti deboli dei meccanismi di protezione per le persone bloccate in Libia.
I pochi canali legali verso paesi sicuri messi a punto da UNHCR e dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) sono lenti e restrittivi.
Possono accedere alla registrazione solo le persone di 9 nazionalità, l’accesso alla registrazione è quasi inesistente al di fuori di Tripoli e nei centri di detenzione e i posti di ricollocamento nei paesi di destinazione sono limitati. Delle circa 40.000 persone registrate con il programma di ricollocamento dell’UNHCR, solo 1.662 hanno lasciato la Libia lo scorso anno, mentre 3.000 sono partite con il programma di rimpatrio volontario dell’OIM. Circa 600.000 migranti vivono attualmente in Libia.
#NonSonoDaccordo
Possiamo far finta di non vedere quello che succede in Libia? No! È tempo di dire basta.
Insieme ad altre decine di organizzazioni, associazioni e realtà della società civile ci mobilitiamo per far sentire la nostra voce contro il rinnovo degli accordi Italia-Libia. Il 26 ottobre scendiamo in piazza a Roma.
Le testimonianze
Non si può dire che la guardia costiera libica salvi le persone. La guardia costiera non salva nessuno, porta le persone in prigione. Dovete fare in modo che la guardia costiera libica non arrivi in acque internazionali, davvero. Non vogliono che le persone siano soccorse in mare. È davvero importante che la guardia costiera libica si fermi. Non salvano le persone, le sequestrano”. Rasheed* Soccorso dalla Geo Barents
Ho visto in un centro di detenzione libico centinaia di persone ammassate l’una sull’altra, costrette a dormire seduti, a occupare i bagni putridi per viverci dentro. Le visite delle équipe di MSF sono l’unico momento in cui le persone detenute vedono la luce del sole. Un ragazzino coperto di scabbia ci ha raccontato di aver trascorso 7 mesi in un hangar in attesa di prendere il mare. Dopo una retata è stato arrestato e ora dorme in una cella con le gambe al petto, coperto di piaghe e pus, mangiato dalle mosche. Mi chiedo: cosa è cambiato nella sua condizione tra l’hangar dei trafficanti e il centro di detenzione ufficiale? Giorgia Linardi Advocacy MSF
MSF in Libia
Medici Senza Frontiere in Libia lavora dal 2011. Dal 2016 siamo nei centri di detenzione gestiti dal governo dove i migranti sono detenuti arbitrariamente, fornendo cure mediche di base e supporto psicologico.
Oggi lavoriamo in diversi centri di detenzione a Tripoli e al di fuori dei centri di detenzione a Tripoli, Zuwara, Misurata e Beni Walid. A Zuwara, forniamo cure mediche di base in un centro di salute, mentre a Beni Walid offriamo assistenza sanitaria e facilitiamo i trasferimenti medici per le vittime di tortura e tratta.