Accordo Italia – Albania: un attacco al diritto d’asilo

Accordo Italia – Albania: un attacco al diritto d’asilo

Sosteniamo che il patto siglato tra Italia e Albania si spinga un passo oltre gli accordi di esternalizzazione che il governo italiano o le istituzioni europee hanno firmato negli ultimi anni con Turchia, Libia e Tunisia.

L’obiettivo non è più solo quello di scoraggiare le partenze, ma di impedire attivamente alle persone in fuga e a chi viene soccorso in mare di accedere in modo rapido e sicuro al territorio europeo, aggirando così gli obblighi di protezione e soccorso sanciti dal diritto internazionale e dalle Convenzioni europee.

Patto Italia – Albania: un nuovo attacco al diritto d’asilo

Il mancato accesso al suolo italiano, la gestione extraterritoriale delle domande di asilo, l’applicazione delle procedure accelerate di frontiera e il trattenimento delle persone in un paese terzo, rappresentano un nuovo attacco sferrato al diritto di asilo, così com’è inteso oggi.

Queste iniziative non fanno altro che replicare politiche di contenimento e dissuasione che si sono dimostrate prive di efficacia nel lungo periodo, ma capaci di aumentare la sofferenza e la disperazione di migliaia di persone.

In attesa di conoscere nei dettagli i contenuti dell’accordo siglato dall’Italia, siamo preoccupati per le complessità logistiche e organizzative connesse al trasferimento dei sopravvissuti in mare verso l’Albania.

Nello specifico, il complicato processo di identificazione e successiva presa in carico di persone con complicazioni mediche e fragilità specifiche rischia di essere nei fatti impossibile o comunque non adeguato alle necessità.

Inoltre, l’assegnazione automatica di un porto distante anche alle navi di Guardia costiera e Marina militare, come già nella prassi per le navi delle ONG, comporterà ulteriori restrizioni alla capacità di intervento in mare e rischi per la salute fisica e mentale delle persone a bordo.

Le conseguenze delle soluzioni extraterritoriali

I precedenti tentativi di sperimentare soluzioni extraterritoriali si sono rivelati tutti fallimentari. In particolare, abbiamo già osservato in modo diretto le conseguenze delle politiche di trattenimento extraterritoriale attuate per un lungo periodo dal governo australiano: tra il 2017 e il 2018, nostri team hanno offerto oltre 1.500 consultazioni psicologiche a rifugiati e richiedenti asilo trasferiti forzatamente sull’isola di Nauru, riscontrando un grave livello di sofferenza mentale.

Di fronte a una simile proposta avanzata nel 2022 dal governo del Regno Unito in accordo con il Ruanda, e poi definita illegittima dalla Corte d’Appello, ci eravamo dichiarati “disgustati, sconfortati e preoccupati dalla determinazione punitiva e nociva” che aveva mosso le autorità britanniche.

Sollecitiamo nuovamente le autorità italiane ed europee a concentrarsi su soluzioni più umane e coraggiose per ridurre le morti in mare e offrire accoglienza dignitosa e solidarietà a coloro che cercano protezione in Europa.