L’accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti delle persone migranti

L’accordo Italia-Albania e la sospensione dei diritti delle persone migranti

L’accordo stipulato tra il governo italiano e quello albanese a novembre 2023 sulla gestione della migrazione presenta diverse criticità che non riguardano solo la gestione dei flussi migratori ma anche il rispetto dei diritti fondamentali, la coerenza delle garanzie giuridiche previste dal diritto nazionale e internazionale e, più in profondità, la qualità della democrazia stessa.

L’accordo prevede che una volta soccorse le persone vengano visitate a bordo delle navi della Marina Militare italiana: gli uomini senza vulnerabilità evidenti e provenienti dai cosiddetti “paesi sicuri” vengono portati in Albania, dove sono stati costruiti due centri finanziati e gestiti dalle autorità italiane. In Albania le persone migranti vengono identificate e, in attesa dell’esito della loro domanda di asilo, trattenute in questi centri.

Tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025 ci sono stati 3 trasferimenti coatti di persone migranti verso l’Albania, che si sono risolti tutti con la mancata convalida del trattenimento nelle strutture in Albania, e quindi con il loro rientro in Italia.

Il Tavolo Asilo e Immigrazione, una coalizione di organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti delle persone migranti, ha documentato le modalità operative adottate nel corso di questi trasferimenti e ha raccolto delle testimonianze dirette.

Il report “Oltre la frontiera”, redatto dal Tavolo Asilo e Immigrazione, racconta di un quadro già allarmante dovuto alle modalità dei trasferimenti, alle difficoltà nell’accesso alla protezione internazionale, alla mancanza di un effettivo controllo indipendente.

La valutazione delle vulnerabilità del singolo non può essere trascurata

Le persone ascoltate hanno riferito che dopo il salvataggio in mare operato dai mezzi della Guardia Costiera italiana o della Guardia di Finanza è stato effettuato un pre-screening con l’obiettivo di rilevare delle vulnerabilità evidenti.

Le persone considerate vulnerabili o quelle che avevano con sé il passaporto sono state portate in Italia, mentre gli altri sono stati trasferiti in Albania a bordo di una nave della Marina Militare italiana.

Qui, secondo quanto riferito dai migranti, il personale medico (in tuta bianca plastificata, senza alcun segno distintivo, quindi non identificabile) ha effettuato un ulteriore screening medico.

Le persone soccorse in mare, a causa della propria esperienza migratoria, possono presentare un ampio range di quadri clinici e psicopatologici. Il rischio che si corre in questi casi è di sottostimare una serie di condizioni cliniche o di salute mentale, manifeste o meno, e di categorizzare erroneamente alcune persone come “non vulnerabili”.

In mezzo al mare, a bordo delle navi militari o delle motovedette italiane, non è possibile effettuare una valutazione adeguata dello stato di salute di una persona.

Nel caso delle 3 missioni finora svolte per il trasferimento di persone soccorse in mare dall’Italia all’Albania è stato accertato che tutte erano passate per la Libia e questo dato sarebbe dovuto essere sufficiente per considerarle vulnerabili. Alcune di loro hanno mostrato anche segni di violenze e torture nel corso degli screening.

A bordo delle navi militari l’assenza di spazi idonei, la mancanza di un supporto psicologico e la difficoltà di garantire il rispetto della riservatezza compromettono la possibilità di ottenere dichiarazioni spontanee e accurate.

I diritti non possono essere sospesi

Da anni il processo di esternalizzazione delle frontiere vede l’Unione europea e i suoi Stati membri delegare a Paesi terzi la gestione dei flussi migratori attraverso accordi, come il protocollo Italia Albania, che limitano l’accesso alla protezione e tendono a ridurre la responsabilità giuridica degli Stati europei.

Nonostante l’accordo venga spesso presentato come una misura innovativa ed efficace per il controllo dell’immigrazione, nella sostanza si configura come un ennesimo modello di detenzione generalizzata e allontanamento fisico della persona migrante e richiedente asilo, in aperto contrasto con le garanzie previste dal diritto italiano, europeo e internazionale.

Questo modello normalizza il trasferimento forzato e la detenzione sistematica delle persone migranti. Le persone che hanno a cuore i diritti umani e la tenuta delle istituzioni democratiche sono preoccupate sia per la sospensione dei diritti delle persone migranti sia per la riduzione dello spazio di protezione giuridica.

Il rischio è che l’accordo Italia-Albania si trasformi in un modello replicabile altrove: per questo motivo, il monitoraggio indipendente e il lavoro di denuncia rappresentano strumenti essenziali per contrastare questa deriva e per riaffermare il principio che i diritti fondamentali non possono essere sospesi o derogati in funzione di accordi politici.