Calais e migranti: alla frontiera franco-britannica ogni giorno centinaia di persone cercano di raggiungere il Regno Unito, rischiando la vita per l’assenza di prospettive in Francia o per raggiungere parenti o amici nel Regno Unito. Scopri di più sulla difficile situazione in questa parte della Francia e su come Medici Senza Frontiere opera in queste zone a supporto dei migranti.
La mancanza di servizi da parte delle autorità, l’isolamento da parte delle comunità locali e le barriere linguistiche indeboliscono ulteriormente queste persone che hanno subito violenze e traumi durante il percorso migratorio. Per questo siamo tornati ad operare a Calais fornendo cure mediche e supporto psicologico alle persone in movimento.
Attualmente sono tra 400 e 600 le persone a Calais, un numero più basso rispetto agli anni scorsi perché sono aumentati gli attraversamenti e perché le politiche francesi (note come “Zéro point de fixation”) disperdono e rendono invisibili le persone lungo la costa settentrionale della Francia.
Gli sgomberi sistematici da parte della polizia, a volte attuati con la violenza, la confisca degli effetti personali, l’emarginazione e gli ostacoli posti al lavoro delle organizzazioni di volontariato hanno portato a una situazione sempre più precaria per le persone in movimento, contribuendo al deterioramento del loro stato di salute”. Pauline Joyau Coordinatrice del progetto di MSF a Calais
Per rispondere ai bisogni di salute e facilitare l’accesso all’assistenza sanitaria, la nostra équipe è in azione negli insediamenti informali, nei centri diurni e nei rifugi a Calais. È qui che vengono identificati i casi più vulnerabili che poi vengono indirizzati nei centri medici che offrono cure gratuite o in ospedale, in piena collaborazione con gli operatori sanitari pubblici.
La maggior parte presenta problemi respiratori legati all’esposizione al freddo e alla mancanza di cure per infezioni o soffre per le ferite provocate dalle cadute dai camion usati per attraversare la Manica. La nostra équipe medica ha assistito anche persone vittime di violenze fisiche durante il viaggio o sopravvissute a esperienze traumatiche, come il naufragio nella Manica.
Ogni giorno la polizia sequestra le coperte e le tende fornite dalle organizzazioni di volontariato. Ho dormito sotto la pioggia, al freddo” . Abu Qasim Nato a Yarmouk, un campo profughi palestinese situato a sud di Damasco
La riduzione di canali legali e sicuri verso il Regno Unito non fa che aumentare il numero di tragedie lungo questa frontiera. Secondo l’Observatoire des migrants morts à Calais, tra il 1999 e il 2023 più di 350 persone hanno perso la vita in Francia, Belgio, Regno Unito o in mare mentre cercavano di raggiungere l’Inghilterra. Altre migliaia vivono con ferite fisiche e psicologiche a causa delle politiche dei governi francese e britannico.
Il nostro team collabora con organizzazioni di volontari che operano da tempo nella zona.
“È grazie a loro e alla generosità di alcuni cittadini solidali che le persone migranti sono in grado di soddisfare i loro bisogni primari. Tuttavia, sono in aumento gli ostacoli al lavoro delle associazioni e la pressione sui volontari. Nonostante le denunce e gli appelli, le pratiche della polizia e delle autorità locali non sono cambiate”. Pauline Joyau Coordinatrice del progetto di MSF a Calais
Le testimonianze dei pazienti MSF
Abu Ahmad è fuggito dal Sudan, dove è stato detenuto arbitrariamente all’età di 15 anni a causa della sua affiliazione tribale.
Ho passato 13 anni in prigione senza motivo. Sono stato picchiato con manganelli e talvolta con tubi di gomma e ferro. Mi hanno rotto un piede, provo ancora dolore e porto i segni della tortura sui piedi e sulle gambe. Sono riuscito a fuggire dalla prigione e mi sono rifugiato in Ciad, dove ho lavorato in una miniera d’oro a Kouri, a pochi chilometri dal confine libico. Dopo aver raccolto 700 grammi d’oro, il capo si è rifiutato di pagarmi e mi ha minacciato di morte. Così ho preso la strada per la Libia, ma un trafficante ha rubato tutti i miei soldi e mi ha venduto come schiavo. Sono stato sfruttato per oltre un anno. Alla fine, sono riuscito a fuggire dalla Libia via mare per rifugiarmi in Europa. Sono sposato con una donna in Sudan, ma so che non potrò mai più rivederla”. Abu Ahamad
Abu Qasim è nato a Yarmouk, un campo profughi palestinese situato a sud di Damasco. Per molto tempo il campo è stato assediato dalle forze filogovernative siriane, privando la popolazione di cibo e beni di prima necessità. Abu Qasim ha perso una gamba a causa dell’esplosione di un mortaio.
Ogni giorno la polizia sequestra le coperte e le tende fornite dalle organizzazioni di volontariato. Ho dormito sotto la pioggia, al freddo. Abbiamo cercato di riscaldarci accendendo un fuoco, ma la polizia è venuta a spegnerlo con gli estintori e ci ha gettato acqua addosso. Con la mia disabilità, ogni piccolo compito è complicato, che si tratti di lavarsi, andare a prendere il cibo o anche solo sedersi. In Siria ho sofferto molto e a volte mi tornano ancora in mente brutti ricordi. Il campo di Yarmouk è stato a lungo assediato dalle forze filogovernative siriane. Ho seppellito 18 persone e ogni giorno perdevo qualcuno vicino a me per fame o malattia. Ho perso una gamba in un’esplosione che ha ucciso cinque miei amici. Dopo di che ho deciso di lasciare la Siria per raggiungere la mia famiglia in Europa”. Abu Qasim