Cosa succede in Sudan oggi? Dal 15 aprile scorso, vaste zone del paese sono state teatro di violenze continue, bombardamenti e attacchi aerei.
I team di MSF sul campo riferiscono che gli ospedali sono sovraccarichi e migliaia di persone stanno fuggendo verso aree più sicure. Stiamo assistendo a immensi bisogni umanitari e medici.
Alcune persone sono rimaste intrappolate negli scontri, mentre altre stanno fuggendo verso aree più sicure del Paese o stanno attraversando i confini. La pressione sugli ospedali è intensa e molti devono far fronte a carenze di materiali. Alcuni operatori non riescono a raggiungere le strutture perché i combattimenti sono troppo intensi o perché sono state danneggiate. In tanti si trovano tagliati fuori dalle cure mediche proprio nel momento in cui ne hanno più bisogno.
Feriti e ospedali saccheggiati
A El Fasher, nello Stato del Nord Darfur, l’ospedale sostenuto da MSF ha ricevuto un gran numero di feriti. I team stanno lavorando 24 ore su 24: finora 427 persone sono arrivate all’ospedale, l’unico operativo in città, per essere curate. 89 persone sono morte a causa delle ferite riportate. I rifornimenti si stanno esaurendo e i trasferimenti sono limitati. Abbiamo un’équipe chirurgica e forniture pronte a entrare in Sudan per fornire a questo ospedale sotto pressione il supporto necessario.
Le strutture sostenute da MSF continuano a fornire assistenza medica a Kreinik, nel Darfur occidentale, a Rokero, nel Darfur centrale, a Um Rakuba e Tinedba, nello Stato di Al-Gedaref e a Damazin nello Stato del Nilo Blu.
In altre parti del Paese non abbiamo potuto lavorare a causa dei combattimenti e abbiamo subito un saccheggiamento della nostra struttura e del nostro magazzino a Nyala, nel Darfur meridionale.
Non abbiamo lasciato e non intendiamo lasciare il Sudan. Continuiamo a valutare dove e come possiamo aumentare la nostra risposta a questa crisi, continuando a fornire assistenza medica in diverse località e avviando nuove risposte laddove i bisogni sono chiari e siamo in grado di utilizzare le capacità e le forniture già presenti nel Paese. Rimaniamo impegnati a fornire l’assistenza sanitaria necessaria alla popolazione del Sudan, soprattutto in questi momenti difficili.
Per farlo, però, dobbiamo essere in grado di garantire la sicurezza del nostro personale e dei nostri pazienti e dobbiamo essere in grado di portare e spostare le forniture e le persone nei luoghi in cui sono più necessarie.
Siamo preoccupati per i nostri colleghi sudanesi, i pazienti e i civili che sono intrappolati in questo conflitto. Il nostro pensiero va a loro e ribadiamo il nostro appello a tutte le parti in conflitto affinché evitino le aree civili e risparmino le vite dei civili.
I principali problemi sanitari in Sudan
Dopo il colpo di Stato militare del 2021, la maggior parte del sostegno internazionale al Sudan è stata congelata e la conseguente crisi economica ha portato a un aumento del costo della vita per la popolazione e a una maggiore insicurezza alimentare.
L’accesso ai servizi medici di base è stato un grosso problema per la maggior parte delle persone che vivono in Sudan, a causa delle ricorrenti violenze, dei conflitti, della disastrosa situazione economica, delle risorse insufficienti, della mancanza di forniture mediche, della fuga di cervelli del personale medico e dei costi dell’assistenza sanitaria.
Il calo dei finanziamenti e il congelamento degli aiuti internazionali hanno causato conseguenze dirette e indirette, come l’interruzione delle vaccinazioni, l’aumento dell’insicurezza alimentare e la malnutrizione tra i bambini piccoli. Secondo le stime, circa 50.000 bambini affetti da malnutrizione acuta hanno subito un’interruzione delle cure a causa del conflitto.
Manca inoltre personale qualificato che si occupi di salute materno infantile e molte donne partoriscono in casa. Il Sudan ha un alto tasso di mortalità materna e quasi un quarto delle nascite in Sudan avviene in mdoalità non assistita.
Il sistema sanitario del Sudan è stato sull’orlo del collasso per decenni, ma l’escalation di violenza l’ha portato al punto di rottura. Quest’ultimo sviluppo è destinato ad aggravare ulteriormente il deterioramento dei bisogni umanitari nel paese, che erano già ai massimi livelli da un decennio a questa parte.
I combattimenti intensi e pesanti, come i bombardamenti e gli attacchi aerei nelle aree urbane densamente popolate, aumentano ulteriormente il rischio di ferimento e morte dei civili, perché è difficile evitare danni agli edifici e alle infrastrutture anche quando non sono direttamente presi di mira.