Etiopia: ancora nessuna luce sulle responsabilità dell’uccisione dei tre operatori nel Tigray

Etiopia: ancora nessuna luce sulle responsabilità dell’uccisione dei tre operatori nel Tigray

A più di sei mesi dall’uccisione di tre operatori nel Tigray, in Etiopia, le circostanze dell’attacco e le responsabilità di chi lo ha perpetuato restano poco chiare.

Lo scorso 24 giugno Maria Hernandez (35 anni), coordinatrice per l’emergenza nel Tigray, Yohannes Halefom Reda (32 anni), assistente coordinatore, e Tedros Gebremariam Gebremichael (31 anni), autista, stavano viaggiando nella regione quando si sono persi i contatti con loro.

Il 25 giugno, il loro veicolo è stato ritrovato vuoto e, a pochi metri di distanza, i loro corpi senza vita.  

Intervista a Paula Gil, Presidente MSF Spagna

A oggi quali sono le informazioni in possesso di MSF sulle circostanze dell’uccisione di Maria, Tedros e Yohannes? 

Negli ultimi 6 mesi abbiamo compiuto ogni sforzo possibile per capire cosa fosse accaduto ai nostri colleghi, relazionandoci continuamente con le parti in conflitto. Si sono svolti numerosi incontri con vari ministri della Repubblica Federale Democratica dell’Etiopia (FDRE – Federal Democratic Republic of Ethiopia) per assicurarci che fossero state avviate delle indagini e che i risultati fossero condivisi con MSF. Abbiamo rivolto le stesse richieste al Fronte di Liberazione del Tigray (TPLF).  

Inoltre, come procedura interna standard dopo incidenti di sicurezza critici, abbiamo raccolto e analizzato tutte le informazioni in nostro possesso che ci hanno permesso di ricostruire un quadro dettagliato del percorso seguito dal nostro veicolo, oltre al luogo e all’ora dell’incidente e ad alcuni aspetti pratici di come si è svolto l’attacco. 

Quello che sappiamo a oggi, sulla base dei primi risultati di questa analisi interna, è che il 24 giugno María, Tedros e Yohannes si stavano dirigendo sulla strada a sud di Abi Adi per raggiungere alcuni feriti nelle aree colpite dagli intensi combattimenti tra le FDRE, i suoi alleati e il TPLF. 

Il nostro team , basato ad Abi Adi, aveva preventivamente ricevuto informazioni sull’esistenza di un alto numero di feriti a Shoate Egum, un villaggio vicino al luogo in cui è avvenuto l’incidente. Poco dopo un’ora dall’inizio del viaggio, il loro veicolo si è fermato. I loro corpi senza vita sono stati successivamente ritrovati a 100-400 metri dall’auto. Le ferite sui loro corpi dimostrano come siano stati colpiti da arma da fuoco a distanza ravvicinata. 

 Non sono stati dunque vittime di fuoco incrociato, ma l’uccisione dei tre operatori umanitari è stata intenzionale, considerando che indossavano vestititi e viaggiavano su un veicolo dove il nostro simbolo di era ben riconoscibile (logo e due bandiere dell’organizzazione). Il veicolo, inoltre, è stato colpito più volte e quasi totalmente bruciato. 

Cosa chiede MSF alle parti in conflitto per capire meglio la dinamica dell’incidente e per garantire che non si ripeta?  

Il dialogo è ancora aperto, ma secondo quanto emerso dagli incontri di agosto, novembre e dicembre 2021 con i rappresentanti della FDRE, le indagini sono ancora in corso. Abbiamo chiesto anche al FPLT di condurre delle indagini e di condividerne i risultati, ancora non pervenuti. 

Abbiamo condiviso i risultati preliminari della sua indagine interna con la FDRE anche a livello ministeriale. Abbiamo chiesto inoltre chiarimenti sulla presenza e il coinvolgimento delle forze armate nel luogo e nel momento dell’incidente. Abbiamo spiegato che questo è un dovere nei confronti delle famiglie delle persone uccise e del nostro staff: dobbiamo fornire loro risposte su quanto accaduto ai loro cari. La stessa richiesta è stata avanzata al FPLT. 

Abbiamo  richiesto un canale di comunicazione diretto con le forze armate etiopi e i loro alleati a livello federale e regionale per condividere informazioni sulle strutture e i movimenti medico-umanitari e garantire che le forze armate comprendano e rispettino le attività salvavita svolte dall’organizzazione. 

Anche se apprezziamo il dialogo costruttivo avuto fino ad oggi con la FDRE, siamo preoccupati per le dichiarazioni pubbliche rivolte contro le organizzazioni umanitarie che hanno avuto un impatto diretto sulle loro attività. In Etiopia, i membri del nostro staff sono stati sistematicamente minacciati, picchiati e detenuti.

Per soddisfare gli ingenti bisogni medici della popolazione etiope in tutto il paese, abbiamo ribadito il nostro appello affinché la FDRE sostenga pubblicamente il lavoro delle organizzazioni umanitarie, un passo fondamentale per essere accettati dalle comunità e per permetterci di continuare a fornire assistenza medica salvavita in tutto il paese. 

Che operazioni svolge attualmente MSF in Etiopia?  

 In seguito all’uccisione dei nostri colleghi, abbiamo dovuto prendere la dolorosa decisione di sospendere alcune attività nella regione del Tigray, in particolare nelle città di Abi Adi, Adigrat e Auxum.

A luglio 2021 il governo etiope ha sospeso per tre mesi le nostre attività ad Amhara, Gambella, nel Tigray nord-occidentale (Shire e Sheraro) e nella ragione dei Somali. La sospensione è stata revocata ad ottobre, ma per noi non è stato possibile riavviare le attività mediche, principalmente per ragioni di sicurezza e a causa di ostacoli amministrativi.  

A novembre, dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza in Etiopia, abbiamo dovuto sospendere ulteriori attività mediche in altre parti del paese dove riteniamo che non sia più possibile lavorare in sicurezza. Al momento continuiamo a fornire assistenza medica nella regione degli Afar e nella regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud (SNNPR), oltre all’invio di forniture mediche ad hoc nelle regioni di Amhara, Gambella e Somali. 

Ad oggi, nonostante gli ingenti bisogni umanitari in molte regioni del paese, non siamo ancora in grado di riavviare ed espandere la sua risposta per affrontare queste crisi.

Rimaniamo impegnati a collaborare con la FDRE e tutte le altre parti in conflitto, attendendo che sia fatta piena luce sulle responsabilità e le circostanze che hanno portato a queste morti e cercando di raggiungere un accordo comune per fornire in sicurezza assistenza medica imparziale e indispensabile alla popolazione etiope, colpita dal conflitto o da altre crisi, in tutte le regioni del paese.