“Bombardamenti chirurgici? Io di chirurgico ricordo solo le operazioni che ho dovuto fare ai civili colpiti dalle bombe mentre camminavano in strada coi figli, mentre aravano un campo o facevano la spesa al mercato”
“Bombe che, lo sappiamo bene, sono state prodotte anche in Italia. E io, medico italiano, mi trovavo paradossalmente a cercare di salvare la vita di due, tre, dieci persone al giorno, mentre una bomba magari prodotta nel mio paese poteva fare cinquanta morti in un minuto” è la drammatica testimonianza di Leonardo Frisari, medico chirurgo di MSF con una esperienza di tre missioni in Yemen, intervenuto oggi alla Conferenza stampa “Stop armi italiane in Yemen”, organizzata da un coordinamento di organizzazioni della società civile.
La conferenza stampa aveva come obiettivo quello di tenere alta l’attenzione su quella che oggi rappresenta una delle più grandi crisi umanitarie in corso nel mondo, nel ventinovesimo anniversario dell’approvazione della Legge 185/90 che controlla l’export italiano di armamenti e a seguito della mozione recentemente approvata alla Camera dei Deputati per il blocco immediato delle esportazioni di bombe e missili ai due Paesi coinvolti nel drammatico conflitto in Yemen.
A Taiz-Ibb, nel sud del paese, ero stato inviato per recuperare una struttura di due piani e trasformarla in un pronto soccorso. Eravamo riusciti a fare arrivare due camion pieni di materiale, ma non eravamo ancora pronti ad aprire la struttura quando è caduta una bomba in un mercato lì vicino. Nel giro di poche ore sono arrivati più di venti feriti gravi. 13 persone morirono in corsia. È stato un momento terribile, che mi ha lasciato un forte senso di mortificazione Leonardo Frisari Medico chirurgo di MSF
La crisi umanitaria
“È una guerra in cui si consumano crimini di guerra a ciclo continuo” ha commentato Riccardo Noury di Amnesty International, “che ha prodotto una crisi umanitaria devastante, alimentata da una nuova tattica di guerra che mira a distruggere le infrastrutture civili. Il lavoro delle organizzazioni umanitarie è difficilissimo. Molte si ritirano. Chi decide di restare lo fa consapevole dei grandi pericoli.”
In Yemen, il sistema sanitario è collassato e le principali infrastrutture sono state gravemente danneggiate. Le persone muoiono non solo nei combattimenti o sotto le bombe, ma anche per malattie facilmente curabili, inclusi tanti bambini, che muiono per malattie che si potrebbero evitare con un vaccino.
Quello in Yemen è il nostro più grande intervento in una zona di conflitto. Abbiamo aumentato le nostre attività nel paese dall’inasprirsi del conflitto nel 2015. Oggi lavoriamo in 12 ospedali e centri sanitari e forniamo supporto a oltre 20 strutture in 11 governatorati.
Da marzo 2015 a dicembre 2018, le nostre équipe hanno eseguito 81.102 interventi chirurgici, fornito cure a 119.113 feriti di guerra, fatto nascere 68.702 bambini e curato più di 116.687 casi sospetti di colera. Nello stesso arco di tempo le nostre strutture sono state colpite cinque volte da bombardamenti aerei della Coalizione guidata dall’Arabia saudita.