Allarme malnutrizione in centro detenzione a Tripoli

Allarme malnutrizione in centro detenzione a Tripoli

Rifugiati e migranti detenuti arbitrariamente nel centro di detenzione di Sabaa a Tripoli soffrono di allarmanti livelli di malnutrizione acuta – più di 100 sono minori, su un totale di 300. Alcuni di loro sono stati rinchiusi per giorni in uno spazio angusto, con meno di un metro quadrato per persona.

Lo denunciamo oggi, con un nuovo rapporto, che chiede alle autorità libiche e alla comunità internazionale di affrontare al più presto le inumane e pericolose condizioni all’interno dei centri di detenzione libici.

Il rapporto contiene i risultati di due cicli di screening nutrizionali che abbiamo condotto, secondo i quali circa un quarto delle persone detenute a Sabaa sono malnutrite o sottopeso, con i bambini significativamente più a rischio di sviluppare una malnutrizione severa o moderata. Queste evidenze supportano numerose testimonianze individuali, secondo cui le persone detenute nel centro ricevono solo un pasto ogni due o tre giorni, mentre i nuovi arrivi possono aspettare fino a quattro giorni prima di ricevere del cibo.

Il 21 febbraio abbiamo iniziato a distribuire razioni di cibo d’emergenza a Sabaa per rispondere alle gravi carenze di cibo e migliorare le condizioni generali di salute. Lo stesso giorno, abbiamo scoperto 31 persone chiuse a chiave in una stanza di 4,5 metri per 5, con uno spazio a persona di appena 0,7 metri quadri. Le persone non avevano spazio per sdraiarsi né latrine ed erano costrette a urinare in secchi e bottiglie di plastica. Nonostante le nostre ripetute richieste che fossero trasferite in uno spazio più appropriato, sono rimaste in queste condizioni per più di una settimana.

Ciò che vediamo in questo singolo centro è sintomatico di un sistema incontrollato, ingiustificato e sconsiderato, che mette a serio rischio la vita di rifugiati e migranti. Stiamo parlando di necessità di base che servono a supportare la vita umana. Se non riescono a fornire alle persone cibo, ripari e servizi essenziali in modo costante e adeguato, le autorità libiche devono immediatamente rilasciarle. Il fatto che l’Europa contribuisca a questa sofferenza, permettendo che le persone soccorse in mare vengano riportate forzatamente in queste disumane condizioni, è del tutto immorale. Karline Kleijer Responsabile per le emergenze di MSF

 

Secondo i nostri screening nutrizionali, condotti a febbraio, circa una persona su quattro a Sabaa mostra sintomi dovuti alla fornitura non costante e alla scarsa qualità del cibo. Il 2 per cento soffre di malnutrizione severa acuta, il 5 per cento di malnutrizione acuta moderata, un ulteriore 16% è sottopeso. I minori sotto i 18 anni, che rappresentano più di un terzo della popolazione complessiva del centro, hanno il doppio delle probabilità di sviluppare una malnutrizione severa e tre volte le probabilità di sviluppare una malnutrizione moderata rispetto agli adulti.

Nessun minore deve essere detenuto in questo modo. L’UNHCR ha chiaramente affermato che i minori non dovrebbero essere detenuti per motivi legati alla migrazione, perché è una violazione dei loro diritti e perché è stato documentato che danneggia la loro salute fisica e mentale.

La situazione è estremamente preoccupante, perché entro i confini dei centri di detenzione le persone non hanno alcun controllo di cosa, quando o quanto mangeranno: dipendono completamente dalle autorità libiche per la loro alimentazione. Le nostre équipe mediche vedono pazienti che hanno smesso di prendere le medicine perché non hanno niente da mangiare e la mancanza di cibo è costantemente identificata come la prima causa di ansia in questo centro. Kees Keus Consulente sanitario di MSF in Libia

Restiamo fermamente contrari alla detenzione arbitraria di rifugiati, migranti e richiedenti asilo in Libia, e denunciamo ancora una volta le politiche degli Stati membri dell’UE che consentono il ritorno forzato di persone vulnerabili a condizioni degradanti e pericolose per la loro salute fisica e mentale. Chiediamo alle autorità libiche e alla comunità internazionale di affrontare immediatamente la situazione in Libia, attraverso quattro azioni principali:

  1. Garantire a tutte le persone detenute a Sabaa e negli altri centri di detenzione in Libia un’adeguata quantità di cibo per rispondere ai loro bisogni nutrizionali di base.
  2. Liberare dalla detenzione tutti i minori di 18 anni e fornire loro il supporto di cui hanno bisogno.
  3. Sospendere i nuovi arrivi nel centro di Sabaa se non sarà possibile fornire cibo e spazio adeguato, garantendo il rilascio o il trasferimento delle persone attualmente detenute.
  4. Garantire che le condizioni nei centri di detenzione rispettino gli standard definiti a livello nazionale, regionale e internazionale.

Per la prima volta in questi giorni il governo italiano ha scritto nero su bianco che la Libia rappresenta un porto sicuro. Ma le leggi internazionali e marittime, numerosi rapporti delle Nazioni Unite, e quanto testimoniano i nostri medici nei centri di detenzione, affermano esattamente il contrario. Serve al più presto un meccanismo europeo che rispetti il diritto internazionale, gli obblighi del soccorso in mare e soprattutto la dignità, i bisogni e la vita di chi fugge. Oggi l’unica soluzione offerta ai migranti dall’Europa e dall’Italia è la Libia, ma la Libia non può in alcun modo essere una soluzione. Marco Bertotto Responsabile advocacy MSF

Da oltre due anni forniamo cure mediche a rifugiati, migranti e richiedenti asilo bloccati nei centri di detenzione a Tripoli, Khoms, Zliten e Misurata che sono nominalmente sotto l’autorità del Ministero dell’Interno libico e del suo Dipartimento per combattere l’immigrazione illegale (DCIM). Alle persone detenute in questi centri non viene garantito accesso alle cure mediche, che sono fornite da poche organizzazioni come MSF o da agenzie ONU che riescono ad avere una limitata presenza nel paese nonostante la diffusa violenza e insicurezza.

Oltre a fornire trasferimenti salvavita in ospedale, trattiamo problemi medici causati o aggravati in larga parte dalla mancanza di un’assistenza medica adeguata e dalle condizioni inumane all’interno dei centri. Tra questi, infezioni del tratto respiratorio, diarrea acquosa acuta, scabbia e tubercolosi. Molti pazienti soffrono di ansia e depressione o mostrano sintomi di disordine da stress post-traumatico. Vediamo spesso pazienti con disturbi psichiatrici che necessitano di cure ospedaliere, causate o aggravate dalle drammatiche condizioni di detenzione.

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