Migranti e rifugiati intrappolati nei centri di detenzione, famiglie libiche costrette a fuggire dalle proprie case per cercare riparo dai parenti o in rifugi temporanei come scuole o edifici abbandonati. A due mesi dall’inizio del conflitto non cessa l’emergenza umanitaria in Libia, dove i combattimenti hanno interessato 100.000 persone, di queste 3.000 sono migranti e rifugiati bloccati nei centri di detenzione vicini alla linea del fronte.
Siamo tornati a chiedere un’evacuazione urgente per coloro che sono bloccati nei centri senza alcuna possibilità di fuga in un incontro per la stampa con i due responsabili dei programmi in Libia, Sam Turner e Julien Raickman, in visita in Italia per incontrare alcuni rappresentanti delle istituzioni italiane.
Tra le 5.849 persone detenute arbitrariamente, ci sono bambini, minori non accompagnati e donne, alcune delle quali costrette a partorire nei centri e restare lì dentro con i neonati. Quasi tutti rimangono rinchiusi per mesi, alcuni per periodi superiori a un anno.
Forniamo assistenza medica umanitaria in alcuni centri e abbiamo da tempo documentato le difficili condizioni di vita. Abbiamo visto allarmanti livelli di malnutrizione acuta, così come alti livelli di tubercolosi. Questi siti non sono adatti per viverci, non ci sono cibo e acqua a sufficienza e le condizioni igieniche sono terribili. Riconosciamo l’impegno di alcuni governi, compreso quello italiano, nell’organizzare corridoi umanitari ma per adesso questa misura ha riguardato soltanto un numero troppo esiguo di persone, appena 300, rispetto a quanti invece ne avrebbero bisogno. Nello stesso periodo 1.200 persone sono state intercettate dalla Guardia Costiera libica in mare e riportare indietro proprio in quei centri da cui erano riusciti ad andare via. Sam Turner Capo missione MSF in Libia
La situazione è di assoluta emergenza anche nei centri di detenzione non prossimi alle aree coinvolte dal conflitto. Ho visto persone vivere in appena un metro quadrato a testa di spazio disponibile. I rischi per la salute, anche mentale, sono molti. Anche la vita di chi non si trova vicino alla linea del fronte, è a rischio Julien Raickman Capo missione MSF in Libia
Il quadro complessivo è preoccupante e conferma il fallimento dei paesi europei e delle istituzioni nel gestire la situazione in Libia. MSF chiede all’Italia e all’Europa di lavorare per smantellare il sistema dei centri detenzione e di allestire un meccanismo di ricerca e soccorso in mare dove ormai neppure più le navi commerciali prestano soccorso.
Nessuno può sapere quante persone muoiono in mare. Quando torna una barca ci sono i sopravvissuti che possono dare informazioni, ma nessuno può testimoniare se va a fondo una barca intera. Julien Raickman Capo missione MSF in Libia