In migliaia sotto il fuoco di un conflitto invisibile

In migliaia sotto il fuoco di un conflitto invisibile

A Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, è in aumento il numero di sfollati. Nel mese di febbraio, almeno 200.000 persone sono state costrette a fuggire a causa del conflitto e dei numerosi attacchi da parte di gruppi armati nei villaggi della regione, ricca di risorse.

Oggi, il nord del Mozambico è l’epicentro delle tensioni sociali ed economiche con conseguenze devastanti sulla popolazione.

Durante l’attacco dei ribelli del 28 maggio scorso, quattro membri del nosro staff stavano lavorando presso il centro salute di Macomia, poco prima che fosse saccheggiato e bruciato. Quel giorno, ventisette nostri operatori sono fuggiti insieme al resto della popolazione, schivando i proiettili vaganti mentre intorno a loro si intensificavano i combattimenti.

Nessun membro del personale è stato ucciso, ma il trauma che hanno subito è molto grande. Quando gli insorti hanno fatto il loro ingresso nel villaggio, le strade sono state bloccate e l’unico modo per scampare alla violenza era fuggire nella boscaglia.

La testimonianza di un operatore MSF

L’unico modo per fuggire era attraverso i cespugli sul retro dell’ospedale. Ho cominciato a correre quando ho sentito gli spari intorno a Macomia. L’intera città correva verso la boscaglia. Eravamo almeno un migliaio di persone – uomini, donne, anziani, bambini, malati – tutti in fuga dal suono degli spari. Sembrava la fine del mondo. La gente correva attraverso la fitta foresta – aree in cui nessun essere umano era mai stato prima. C’era una vegetazione selvaggia con molte spine.

La gente aveva sete e fame, ma non c’era acqua, solo pietre e colline. Le persone cercavano di fermarsi e riposare, ma gli elicotteri volavano molto bassi. La strada per Licangano non è stata facile: c’erano molte salite e discese. Anziani, malati e bambini non riuscivano a saltare gli ostacoli o a scalare le ripide scogliere.

Molti bambini si sono persi nel panico. Ho visto una donna con un bambino che cercava di scendere dalla collina. Non riusciva senza aiuto, così ha lasciato il suo bambino in cima, calandosi dalla sporgenza.

In quel momento, iniziarono a sparare pesanti colpi di arma di arma da fuoco nelle vicinanze. La donna gridava aiuto, supplicando che qualcuno le passasse il bambino. Nessuno poteva aiutarla. La gente correva terrorizzata”.

A seguito dell’attacco del 28 maggio, nessun rapporto ufficiale ha fornito il numero di vittime civili e dei feriti. Abbiamo ricevuto segnalazioni non verificate di almeno 15 morti, tra cui diversi bambini, alcuni dei quali morti di fame mentre, per giorni, si nascondevano nella boscaglia per sfuggire ai combattimenti.

Non abbiamo avuto accesso all’area immediatamente dopo l’attacco. Ad alcuni membri del nostro staff è stato permesso di tornare per esaminare i danni e iniziare a ridurre la propria presenza, a seguito della decisione di sospendere temporaneamente le operazioni a Macomia per via dei grandi rischi legati alla sicurezza.

Sospeso l’accesso alle cure

Dopo il passaggio del ciclone Kenneth nel Mozambico settentrionale nell’aprile 2019, abbiamo contribuito a ricostruire e rinnovare il Centro sanitario e il laboratorio medico di Macomia.

Durante l’attacco del 28 maggio, il laboratorio e il centro sanitario sono stati completamente distrutti. Il centro di salute di Macomia ha fornito servizi medici ad oltre 29.000 persone. Abbiamo fornito supporto con 27 operatori, tra cui infermieri, farmacisti, team di igiene, autisti, guardie e servizi igienico-sanitari.

Nel bel mezzo di un conflitto violento, lo scarso accesso alle cure mediche e le cattive condizioni di vita continuano ad esacerbare la lotta quotidiana di migliaia di mozambicani nel nord del paese.

Andare avanti

Ci impegnamo a sostenere le popolazioni sfollate nella provincia di Cabo Delgado. Il nostro ruolo è chiaro: fornire supporto umanitario e cure medica alle persone che ne hanno più bisogno.

Per farlo, dobbiamo garantire la sicurezza al personale medico, ai pazienti e alle strutture in cui lavoriamo. Sono i più vulnerabili a soffrire e faremo tutto ciò che è in nostro potere per alleviare la sofferenza alle vittime di questo conflitto in corso.