Pubblicato il rapporto di MSF “Sopravvivere alla tortura” che illustra il progetto in supporto di persone migranti e rifugiate sopravvissute a violenza intenzionale e tortura aperto a Palermo alla fine del 2020 e realizzato dall’ottobre del 2023 in collaborazione con Università degli Studi e Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo.
Si tratta di una delle poche realtà in Italia a fornire servizi specialistici a questa popolazione, integrando pubblico e privato, e ponendosi l’obiettivo di diventare un centro di riferimento per tutto il territorio nazionale.
Il rapporto è stato presentato durante il convegno internazionale “Sopravvivere alla tortura. Prevenzione e modelli di cura: sfide, buone pratiche e prospettive di lavoro”, in corso all’Orto botanico di Palermo, dove esperti nazionali e internazionali, insieme a rappresentanti delle istituzioni e di realtà territoriali, si confrontano su strategie e modelli di presa in carico di persone sopravvissute a violenza intenzionale e tortura.
Qui il rapporto “Sopravvivere alla tortura” completo.
Pugni, calci, percosse con manganelli e cavi spessi, falaka, bruciature, torture sessuali, sono le violenze subite dalle persone che assistiamo. La tortura è perpetrata per distruggere l’identità stessa dell’individuo e agisce su diversi livelli. I dolori del corpo riattivano i ricordi traumatici e viceversa”. Carmela Virga Psicologa del progetto di MSF di Palermo
I dati del progetto
Da gennaio 2021 a settembre 2023 il progetto ha preso in carico 194 persone, 57 delle quali ammesse nei primi nove mesi di quest’anno. Il 61% di questi ultimi ha riferito di essere stato torturato in Libia, il 37% nei paesi di origine, mentre il restante 2% nei Paesi di transito durante il percorso migratorio. Sono le strutture detentive il principale luogo dove sono avvenute le torture (58% dei casi). Il 20% dei pazienti ha inoltre riferito di aver subito torture sessuali.
La maggior parte dei pazienti ammessi nel 2023 (44 su 57) sono uomini, con un’età media di 28 anni e la presenza di nove minori non accompagnati. I paesi di origine più rappresentati sono Bangladesh, Gambia, Camerun, Tunisia, Somalia e Costa d’Avorio. Quasi la metà delle segnalazioni per la presa in carico sono arrivate dai centri di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale.
Oltre a problematiche mediche (39% all’apparato muscolo-scheletrico, 11% esiti di traumi direttamente correlati alle violenze subite), le persone sopravvissute a tortura hanno mostrato conseguenze sulla loro salute mentale con sintomatologia post-traumatica da stress (incubi, pensieri intrusivi e flashback riguardanti le violenze subite), ansia e depressione. Sette pazienti hanno riferito pensieri suicidari.
I nostri pazienti si riappropriano della loro vita e identità attraverso un percorso di cura personalizzato e interdisciplinare, che tiene in considerazione lo stato di salute fisica e mentale del paziente ma anche il contesto ambientale e sociale in cui vive. È necessario che i pazienti siano assistiti non solo da medici e psicologi ma anche da operatori sociali, legali e altri specialisti, tutti coadiuvati da quella figura imprescindibile rappresentata dal mediatore culturale”. Carmela Virga Psicologa di MSF a Palermo
Prospettive future
Accogliamo con favore i passi compiuti dal Ministero della salute che garantiscono ai sopravvissuti alla tortura di accedere a cure mediche e psicologiche specialistiche, attraverso la pubblicazione nel 2017 delle Linee guida per la cura, il trattamento dei disturbi mentali e la riabilitazione dei rifugiati sopravvissuti a tortura.
Le richieste di MSF
Al tempo stesso chiediamo al Ministero della salute e alle Regioni di garantire che queste Linee guida siano attuate in modo rigoroso, coerente ed efficace in tutto Italia e che i sopravvissuti possano accedere a un supporto adeguato ai loro bisogni.
Chiediamo, inoltre, che sia garantita l’individuazione precoce delle vulnerabilità causate dalla tortura a partire dalle procedure di sbarco e all’interno dei centri di accoglienza e l’accesso a servizi dedicati, nonché a cure multidisciplinari specializzate e a lungo termine.
Chiediamo, infine, che venga assicurato a tutta la popolazione straniera l’accesso ai servizi sociosanitari secondo le normative vigenti, superando le barriere amministrative, garantendo un approccio interculturale da parte del personale, basato su una presenza strutturata dei servizi di mediazione interculturale.
Le storie dei pazienti
Sono andato in Libia e ogni volta che tentavo di lasciare quel Paese venivo portato in un centro di detenzione dove subivo ogni genere di torture, fino a quando non pagavo e mi lasciavano uscire. Anche in altri Paesi vicini alla Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, ho subito torture e discriminazione razziale. Ora vorrei continuare a studiare, iscrivermi all’Università. Vorrei impegnarmi anche nel mio Paese, entrare in politica e migliorare il sistema sanitario, l’istruzione, le condizioni dei bambini orfani”. M., 21 anni, originario del Ciad
Il progetto mi ha aiutato tanto a raggiungere la serenità. Stavo malissimo prima di iniziare. Grazie a Dio, vedo in me la differenza rispetto a come stavo prima. Sento di aver raggiunto, finalmente, un equilibrio psicologico. Prima vivevo nell’isolamento, oggi ho voglia di vivere: in futuro vorrei lavorare, avere una vita serena, normale”. A., 25 anni, originaria della Tunisia
Il progetto di Palermo per persone migranti sopravvissute a violenza intenzionale e tortura
A Palermo, insieme all’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone”, l’Università degli Studi di Palermo e la Clinica Legale per i Diritti Umani (CLEDU) gestiamo un servizio specialistico per la presa in carico di persone migranti e rifugiate sopravvissute a violenza intenzionale e tortura. Un progetto nato alla fine del 2020 che propone un modello di cura basato su équipe interdisciplinari composte da medici, psicologi, operatori sociali, mediatori interculturali e altri specialisti per dare una risposta coordinata, integrata e personalizzata ai bisogni dei beneficiari. Da gennaio 2021 al 30 settembre 2023 sono stati presi in carico 194 pazienti, di cui 158 uomini, 36 donne e 27 minori.
MSF in Italia
MSF lavora in Italia dal 1998, alternando progetti agli sbarchi, nei centri di accoglienza e negli insediamenti informali di diverse regioni, per fornire assistenza medica, umanitaria, psicologica e orientamento sociosanitario a rifugiati e migranti presenti nel nostro Paese.
Oltre al progetto di Palermo, MSF è impegnata nel Mediterraneo Centrale in attività di ricerca e soccorso con la nave Geo Barents e in Calabria, a Roccella Jonica, per offrire prima assistenza medica e psicologica agli sbarchi.
Nell’area di Ventimiglia, una clinica mobile offre alla popolazione migrante cure mediche, con un focus particolare sulla salute sessuale e riproduttiva della donna, orientamento sociosanitario e attività di promozione alla salute.
A Palermo, Roma, Torino, Napoli e Udine, grazie al contributo di volontari, MSF gestisce degli sportelli per fornire assistenza sociosanitaria alla popolazione straniera e italiana in condizioni di vulnerabilità e fragilità sociale.