Rohingya: una crisi umanitaria che non accenna a diminuire

Rohingya: una crisi umanitaria che non accenna a diminuire

La crisi umanitaria a Cox’s Bazar, in Bangladesh, non accenna a diminuire. Dal 25 agosto più di 620.000 Rohingya sono fuggiti dal Myanmar per raggiungere il paese vicino. Questi arrivi si sono aggiunti alle centinaia di migliaia di Rohingya che avevano lasciato il proprio paese negli anni scorsi e vivevano già in condizioni precarie.

Ogni giorno si registrano nuovi arrivi ma sono ancora molti i Rohingya che restano bloccati in Myanmar cercando disperatamente un modo per fuggire.

Tra gli operatori attualmente impegnati a rispondere a questa emergenza c’è Elena, infermiera MSF. La sua testimonianza ci arriva dal cuore di una crisi che sta diventando tristemente famosa.

“Un altro continente, un’altra nazione per me. Sono in Bangladesh, nel ruolo di Infermiera responsabile dell’Ospedale di Kutupalong, una regione del Paese che sta diventando tristemente famosa per l’arrivo di più 600mila rifugiati Rohingya, scappati dal Myanmar negli ultimi mesi.

Vivono in un enorme campo profughi e, non essendo cittadini del Bangladesh, non hanno accesso al sistema sanitario del governo. Anche in questa missione non cambia il motivo per il quale MSF è qui: garantire assistenza sanitaria a persone che fuggono. Penso sia significativo come in 6 missioni con MSF, in questa come in tutte le altre, ci siano ancora persone che fuggono, questa volta a piedi, camminando per giorni e giorni attraverso risaie, fango, umidità, caldo.

Oggi è arrivata in ospedale una famiglia di 4 persone, la mamma aveva fra le braccia il bambino di pochi mesi malnutrito. Il papà di 20 anni si sosteneva con un bastone e le uniche cose materiali che aveva erano delle pentole in un sacchetto. Rimango sempre stupita da cosa si portano dietro le persone, se ci riescono, quando fuggono.

Perché la fuga non è permessa alle cose materiali, ci sei solamente tu, quando sei fortunato ci sono i tuoi affetti con te e quando sei ancora più fortunato questi affetti ti accompagnano per tutto il viaggio senza perdersi, senza fermarsi.

Non è stata così fortunata la bambina di 12 anni che è in ospedale per assistere il fratello di 4 mesi affetto da malnutrizione: la loro mamma è stata uccisa con un colpo di pistola mentre stavano fuggendo dal Myanmar e ora è rimasta sola con 5 fratelli.

Ci sono sempre persone in fuga da qualcosa: guerra, povertà, violenza. Tutti questi fattori si sommano e si intrecciano durante il viaggio: scappi per la guerra e durante il viaggio sei costretto a subire violenze di ogni genere, poi subentra la povertà che ti accompagna lungo tutto il viaggio e forse anche oltre.

Ogni tanto mi chiedo cosa ci faccio qui, quando tutto sembra troppo: le persone, i malati, le malattie, i problemi. Poi incrocio lo sguardo e il sorriso degli altri operatori umanitari e mi dico che un passo alla volta si va avanti, cercando di fare qualcosa di buono e soprattutto coltivando tutti i giorni un utopico sogno: di vedere un giorno un mondo senza persone in fuga, con delle difficoltà da affrontare magari, ma ferme in un posto che possano chiamare dignitosamente CASA”.

Abbiamo aumentato il nostro intervento per rispondere a questa emergenza, sia dal punto di vista medico sia dal punto di vista logistico, in particolare per quanto riguarda la potabilizzazione dell’acqua. È proprio l’acqua una delle preoccupazioni principali: in un campo sovraffollato dove le condizioni igieniche sono precarie, la presenza di fonti di acqua potabile e di servizi igienici è fondamentale per ridurre il rischio di diffusione di malattie.

Da agosto, nelle nostre strutture sono stati curati più di 62.000 pazienti per la maggior parte colpiti da infezioni respiratorie, infezioni cutanee e diarrea.

Il nostro intervento in Bangladesh

Lavoriamo in Bangladesh dal 1985. Vicino all’insediamento di Kutupalong nel distretto di Cox’s Bazar, gestiamo due cliniche che offrono cure sanitarie di base e di emergenza, così come servizi di degenza e ambulatoriali ai rifugiati Rohingya e alla comunità locale. Nel 2016, le nostre  équipe hanno eseguito 89.954 visite ambulatoriali, 2.491 ricoveri e 4.559 consultazioni di salute mentale.

Lavoriamo inoltre nella baraccopoli di Kamrangirchar, nella capitale Dhaka, fornendo cure di salute mentale, di salute riproduttiva, servizi di pianificazione familiare e consultazioni prenatali, e gestendo un programma di salute sul posto di lavoro per gli operai.