In un nuovo rapporto dal titolo “Giochi di violenza”, denunciamo le violenze perpetrate dalle autorità e dalla polizia di frontiera degli Stati membri europei ai confini della Serbia con l’Ungheria, la Bulgaria e la Croazia.
Il rapporto combina dati medici e di salute mentale con le testimonianze di giovani pazienti: “Oggi, per i bambini e i ragazzi che provano a lasciare la Serbia, la violenza è una costante e nella maggior parte dei casi è perpetrata dalla polizia di frontiera degli Stati membri dell’UE”, dichiara Andrea Contenta, responsabile affari umanitari di MSF in Serbia. “Da più di un anno i nostri medici e infermieri continuano ad ascoltare la stessa identica storia di giovani picchiati, umiliati e attaccati con i cani nel tentativo disperato di proseguire il loro viaggio”.
Giochi di violenza
Nei primi 6 mesi del 2017, il 92% dei bambini e dei ragazzi che si sono recati nelle cliniche per la salute mentale di MSF e che raccontano di aver subìto violenza fisica, indicano come responsabili le autorità e la polizia di frontiera dell’UE, precisamente di Bulgaria, Ungheria e Croazia. Circa la metà di questi bambini (48%) ha identificato le autorità bulgare. Inoltre, da gennaio a giugno 2017, le équipe mediche di MSF che lavorano nelle cliniche mobili a Belgrado hanno documentato 62 incidenti di violenza intenzionale al confine con l’Ungheria e 24 al confine croato.
La gran parte dei racconti, ascoltati dalle équipe di MSF negli ultimi due anni, testimonia lo stesso schema di percosse, morsi di cani e uso di spray urticanti, in un quadro apparente di violenza sistematica contro le persone che tentano di raggiungere l’Unione Europea.
“È vergognoso che alcuni Stati membri dell’UE stiano intenzionalmente usando la violenza per impedire a bambini e ragazzi di cercare asilo in Unione Europa. In questo modo, l’unico effetto è quello di causare seri danni sia fisici sia psicologici, rendendo questi ragazzi ancora più vulnerabili e spingendoli nelle mani dei trafficanti che l’UE e gli Stati membri dichiarano di voler combattere”, conclude Contenta.
Il nostro intervento
Lavoriamo con i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti in Serbia dalla fine del 2014 fornendo cure mediche e di salute mentale, ripari, acqua e servizi igienici ai punti di ingresso e uscita dal Paese. Da gennaio 2016, lavoriamo a Belgrado, la capitale della Serbia, per fornire cure di salute di base e mentale alle persone bloccate in insediamenti informali nella città. Nel 2017, abbiamo aperto una clinica fissa nel centro città e continua a lanciare appelli affinché sia garantito l’accesso alle cure sanitarie, ai ripari e alla protezione per le persone più vulnerabili tra gli uomini, le donne, e i bambini bloccati in Serbia.
Le testimonianze
Sono partito con i miei fratelli ma ci siamo separati durante il viaggio. Il più grande, di 18 anni, è in Germania, l'altra di 16 è in Austria. Non so come raggiungerli e non voglio che passino dei guai. Non so cosa fare.
Ragazzo di 12 anni dall'Afghanistan
Ho visto con i miei occhi la polizia in assetto antisommossa picchiare le persone. Molti erano giovani, adolescenti, e i loro volti erano coperti di sangue. Prima hanno lanciato i lacrimogeni e poi sono entrati nella nostra stanza, hanno picchiato tutti con i bastoni e molti di noi sono stati feriti.
Giovane di 30 anni dall'Afghanistan
Sono stato catturato dalla polizia croata quando ero quasi al confine con la Slovenia e sono stato picchiato a lungo. Mi hanno spogliato nudo, faceva molto freddo. Mi hanno messo nella parte posteriore della macchina e mi hanno riportato fino in Serbia. I vestiti che indosso ora mi sono stati dati in Serbia.
Ragazzo di 15 anni dall'Afghanistan