Abdallah Said muore il 15 settembre all’Ospedale Cannizzaro a Catania. Ha 17 anni.
Le misure sanitarie di emergenza per il controllo del Covid-19 (SARS- COV-2) disposte dal Decreto del Capo di Dipartimento della Protezione Civile del 12 Aprile 2020 per l’emergenza COVID, hanno fatto sì che Abdallah Said venisse “confinato” sulla nave quarantena GNV Azzurra per diversi giorni.
Non vi sono ragioni per sostenere che le navi rappresentino luogo idoneo per una quarantena e per l’assistenza sanitaria dopo il soccorso in mare. Dalle informazioni disponibili risulta che le condizioni di Abdallah Said fossero già gravi al momento del suo trasbordo.
E dopo diversi giorni sulla nave quarantena GNV Azzurra, in urgenza è stato trasferito all’Ospedale Cannizzaro, morendo per un’encefalite tubercolare.
La patologia tubercolare può determinare una varietà di sintomi spesso insidiosi, non sempre di immediato riconoscimento in assenza delle opportune valutazioni cliniche e degli adeguati approfondimenti diagnostici.
Febbricola, astenia, perdita di peso, tosse, sintomi con i quali la patologia si presenta comunemente nel suo stadio polmonare, possono rapidamente evolvere, soprattutto in condizioni di immunodepressione e defedazione e quando la malattia non è opportunamente riconosciuta e trattata, a quadri clinici di estrema gravità, con il possibile coinvolgimento anche del sistema nervoso centrale, producendo meningite e/o encefalite che possono rapidamente portare a morte.
L’identificazione, la conferma diagnostica e la presa in carico di un caso di tubercolosi richiedono la disponibilità di personale qualificato e strumenti adeguati a una pronta gestione, chiaramente non disponibili su una nave traghetto convertita a nave quarantena.
Pur nella fortunatamente estrema rarità di casi di questa gravità sulla larga maggioranza delle persone migranti che giungono sulle nostre coste in buone condizioni di salute, è obbligo delle autorità assicurarsi che a tutti, nessuno escluso, venga garantita la possibilità di accedere al miglior livello di assistenza sanitaria possibile, qualora necessaria.
Non solo dovrebbe essere garantita una approfondita valutazione clinica sistematica all’arrivo, volta a identificare prontamente situazioni di urgenza o suscettibili di aggravamento – ivi inclusa una valutazione della sfera psichica che consenta una precoce identificazione di quei soggetti che, vittime di violenze e torture lungo il loro percorso migratorio ed in particolare in Libia, dovrebbero poter beneficiare di una presa in carico specialistica – ma anche la possibilità di accedere all’assistenza medica in modo continuativo e senza ostacoli di alcuna natura.
Peraltro, la comunità scientifica internazionale è concorde nel ritenere le navi quarantena luogo non idoneo alle finalità di tutela della salute pubblica a cui vengono destinate.
La promiscuità, gli spazi ristretti, la densità abitativa, l’impossibilità di assicurare il rispetto delle misure preventive necessarie le rende, più che un dispositivo di tutela, uno strumento di aggravamento del rischio, ed un potenziale incubatore di infezione.
Senza menzionare gli aspetti di limitazione delle libertà personali e di mancata tutela di categorie vulnerabili, nel caso specifico i minori non accompagnati, che la loro istituzione porta con sé.
La morte di Abdallah Said, così come quella di Abou Diakite, quindicenne ivoriano che ha perso la vita all’ospedale Ingrassia di Palermo il 5 ottobre, rappresentano il fallimento del nostro sistema di diritto e di provvedimenti che, nell’obiettivo remoto di tutelare la salute della comunità, finiscono invece per minare quella dei loro singoli componenti.
Sulle cause della morte di Abdallah Said, il 7 Gennaio è previsto un primo esito a seguito dell’autopsia richiesta dai familiari. A prescindere dagli esiti siamo convinti che contro Abdallah Said sia stata commessa l’ennesima violazione del diritto alla salute: non era in luogo adeguato ad essere curato, né rispetto alla sua patologia né rispetto alla sua minore età.
Abdallah cercava la libertà, pensava di aver raggiunto un Paese dove non rischiasse più la morte, dove non poteva essere nuovamente imprigionato e dove forse pensava di poter realizzare i suoi sogni.
Abdallah ha trovato invece, proprio in Italia, un nuovo confinamento, stavolta su una nave.
Abdallah muore in Italia dopo essere sopravvissuto alla Libia ed al mare e dopo chissà quali terribili sofferenze. Abdallah muore a 17 anni, da solo.
Chiediamo alle autorità italiane che vengano rapidamente accertati i fatti che hanno portato alla inaccettabile morte di Abdallah Said, e di sospendere immediatamente l’utilizzo delle navi quarantena per i migranti sbarcati e di fare invece ricorso a normali e dignitose procedure di isolamento preventivo presso strutture di accoglienza a terra.