Racconti di donne sopravvissute in mare – Tales of women at sea

Racconti di donne sopravvissute in mare – Tales of women at sea

Per la Giornata internazionale dei diritti della donna, condividiamo i racconti di donne salvate in mare dalla Geo Barents, la nostra nave, che effettua operazioni di ricerca e soccorso nel mediterraneo centrale.

È dal 2015 che svolgiamo queste operazioni, per supplire al vuoto lasciato dagli stati europei con la fine dell’operazione Mare Nostrum e salvare vite umane che altrimenti perirebbero nel vuoto assordante che le circonda.

Christelle, Decrichelle e Bintou ci hanno raccontato il lungo e rischioso viaggio che hanno intrapreso attraverso il deserto, fino alle coste del mediterraneo, per poi tentare di attraversarlo.

Attraverso foto e testimonianze le sopravvissute ci hanno raccontato il loro percorso.

Il racconto di Christelle

Madre di tre figli, Christelle ha lasciato il marito violento e si è trovata un lavoro in una piccola impresa di vendita di banane. Un giorno, mentre si recava al lavoro tra Maroua e Kousséri, è stata rapita dai militanti di Boko Haram che l’hanno portata oltre il confine con la Nigeria. Aiutata da una donna che ha incontrato, è riuscita a fuggire e a raggiungere la città di Maiduguri, nel nord-est della Nigeria, dove ha alloggiato nella casa di un’altra donna e ha trovato lavoro in un ristorante.

Dopo sei mesi, aveva risparmiato abbastanza denaro per partire con un gruppo di altre persone per la Libia. Durante la traversata dall’Algeria alla Libia, è stata vittima di violenze sessuali; una volta giunta in Libia, è stata portata direttamente in prigione.

Al confine libico, durante la notte, le persone che ci guidavano ci hanno violentato. Ci hanno anche sparato, ci siamo disperse, ci siamo perse e ci siamo ritrovate con due bambini che non parlavano francese, senza le loro madri, che erano scomparse… Abbiamo passato tre giorni a cercare le loro madri prima di lasciare i bambini da soli. Chi può prendersi cura di bambini sconosciuti? Il trauma della Libia è iniziato non appena siamo entrati nel paese. Quando siamo arrivati in Libia, dopo due settimane di viaggio, ci hanno arrestato e messo in prigione. Non avevo nessuno che potessi chiamare per inviare denaro e liberarmi. Un uomo ha deciso di aiutarmi e ha pagato per me. Poi ho fatto un contratto di matrimonio di sei mesi con lui. In prigione mi sono accorta di essere incinta, ma ho perso il bambino. È stato un sollievo. Ho cercato di attraversare il Mediterraneo due volte. La prima volta eravamo in mare da meno di 30 minuti quando i libici ci hanno arrestato, nel cuore della notte, e ci hanno subito messo in prigione. La seconda volta è stata quella buona”. Christelle

Il racconto di Decrichelle

Decrichelle è stata costretta a sposarsi dopo la morte del primo marito in un incidente stradale. La famiglia l’ha costretta a sposare il fratello del marito, un uomo che beveva molto e la picchiava. A causa di queste violenze ha avuto due aborti spontanei.

Dopo essere rimasta incinta una terza volta, ha dato alla luce una bambina. Quando la bambina aveva sei mesi, il marito la ha picchiata a tal punto da mandarla in ospedale. Poco dopo, è fuggita da casa con la bambina lasciando i figli del precedente matrimonio in Camerun. Grazie l’incoraggiamento di un amico, ha deciso di partire per la Nigeria, poi per il Niger e infine per l’Algeria.

Nel deserto, durante il viaggio verso l’Algeria, sua figlia si è ammalata, ma senza medicine o cure mediche, è morta. Decrichelle ha dovuto lasciare il corpo della figlia nel deserto e proseguire con il gruppo verso l’Algeria. Ricorda di aver provato “una tristezza immensa e inconsolabile“.

La prima volta che Decrichelle ha tentato di attraversare il Mediterraneo, è stata arrestata e mandata in prigione. Rilasciata quasi subito, è stata messa su un taxi per un bordello dove avrebbe dovuto lavorare come prostituta. Una coppia di amici camerunensi l’ha aiutata a fuggire. Per sei mesi ha vissuto nei campos – gli edifici vuoti o gli spazi all’aperto vicino al mare dove i trafficanti raccolgono i migranti – prima di raccogliere abbastanza denaro per tentare una seconda traversata.

Voglio essere in un posto dove posso vivere come una persona normale della mia età. Ho sofferto troppo, ho avuto troppo stress. Voglio poter dormire la notte. Volevo essere qui con mio figlio. Mi fa male pensare che sono al sicuro ma ho dovuto lasciarla nel deserto”. Decrichelle

Il racconto di Bintou

Bintou, madre di quattro figli, dopo la morte del marito ha deciso di andar via quando i suoceri volevano portarle via le figlie e costringere la più grande, Miriam, a sposarsi. È andata in Libia portando con sé le figlie più grandi e lasciando i figli più piccoli, una bambina e un bambino. Dopo essere arrivate in Libia, sono state arrestate e messe in prigione.

In Libia, dato che non esiste un governo, chiunque ricopre il ruolo di poliziotto. Quando ti prendono, non sai mai chi hai davanti e se realmente si tratta di un poliziotto… Ci hanno preso e messe in una piccola baracca, uomini e donne tutti insieme. È stata davvero dura. Alcuni giovani uomini hanno forzato la porta e siamo scappate via”. Bintou

Dopo essere fuggite dalla prigione, Binout e le sue figlie hanno lavorato a casa di un uomo, anche se lui non le pagava. Lui sapeva che volevano tentare la traversata in mare e un giorno le ha portate ad una barca in partenza. È stato il primo tentativo di attraversare il Mediterraneo.

Bintou non ha visto i suoi figli più piccoli per ben due anni dopo aver lasciato la Costa d’Avorio.

Vorrei che le mie figlie crescessero per diventare qualcuno. Quando ero bambina, ho vissuto esperienze molto dure. Mia madre era cieca e dei suoi 15 figli, soltanto due sono sopravvissuti. Ero l’unica figlia femmina e fui costretta a sposarmi senza poter andare a scuola. Vorrei mandare le mie figlie a scuola, non voglio che siano forzate a sposarsi come è successo a me. Vorrei che le mie figlie avessero una vita diversa dalla mia”. Bintou