Nel conflitto in Sud Sudan migliaia di bambini sono stati usati come soldati. Hanno tra i 15 e i 17 anni o anche meno, per un terzo sono ragazze. Vengono prelevati mentre vanno a scuola o sono spinti a farlo per le difficili condizioni di vita. Portano armi e subiscono o testimoniano violenze.
Da febbraio 2018, un nostra équipe lavora insieme ad altre organizzazioni a Yambio, nella provincia dell’Equatoria Occidentale, per aiutare questi bambini a reinserirsi nelle loro comunità. Silvia Marquez, responsabile delle nostre attività di salute mentale, racconta il progetto, il primo della nostra organizzazione in questo ambito.
Rapiti sulla strada verso scuola
Tutti i nostri pazienti vengono dall’area di Yambio. Il più giovane ha 10 anni, il più grande oggi ne ha 19, ma la maggior parte ha tra i 15 e i 17 anni. Un terzo di loro sono ragazze. Qualcuno dice di essersi unito volontariamente ai gruppi armati, ma erano minori quando hanno preso questa decisione e potevano non comprenderne fino in fondo le conseguenze. Altri dicono di averlo fatto spinti dalle difficili condizioni familiari. Ma in maggioranza sono stati prelevati mentre andavano a scuola o a lavorare nei campi. Alcuni raccontano di aver portato armi o di avere assistito a violenze.
Cure mediche e salute mentale
Fino ad oggi nella città di Yambio sono stati smobilitati 983 bambini, 3.100 in tutto il Paese. La nostra équipe effettua controlli medici per trattare ogni tipo di condizione legata al conflitto armato, inclusi casi di violenza sessuale, e fornisce assistenza psicologica per aiutare i ragazzi a superare le esperienze traumatiche vissute quando erano soldati. Nell’ultimo anno, MSF ha effettuato più di 1.430 visite mediche e 911 sessioni di salute mentale per i bambini smobilitati.
Accoglienza e rifiuto
Anche se la maggior parte degli ex bambini soldato è stata riaccolta dalle loro famiglie, di altri è stato difficile rintracciare i familiari, forse sfollati a causa del conflitto o deceduti. Altri ancora sono visti come un peso. Nelle comunità dove il conflitto ha avuto un maggiore impatto, alcuni bambini sono stati rifiutati e temono di non essere mai più accettati. Per la maggior parte sono tornati a scuola, sebbene lavorino anche nei campi o aiutando i fratelli più piccoli nelle terre di famiglia. Alcuni si sono addirittura sposati.
I flashback dei combattimenti
Circa il 35% dei nostri pazienti soffre di disordini da stress post-traumatico; anche la depressione è molto comune. In molti pazienti vediamo una varietà di sintomi, che vanno dai flashback ricorrenti ai pensieri intrusivi. Alcuni sentono di essere tornati in mezzo ai combattimenti, altri vengono colpiti da pensieri e visioni incontrollati mentre vivono la loro vita quotidiana, e cadono nello sconforto. Altri ancora hanno pensieri suicidi e autolesionisti.
Il supporto di MSF
Il team di MSF è composto da circa 100 persone. Supportiamo i nostri pazienti usando tecniche di rilassamento per trattare sintomi quali ansia e paura. Cerchiamo di rafforzare la loro resilienza e i loro meccanismi di resistenza ai traumi. Facciamo attività di gruppo e psicoeducative, parliamo di argomenti specifici e organizziamo attività ludiche come partite di calcio e pittura.
Il pensiero di tornare nei gruppi armati
Non è facile per loro. Quando la loro vita quotidiana diventa complicata, alcuni bambini pensano di tornare a far parte di un gruppo armato, non per un senso di appartenenza, ma perché pensano che combattendo potranno accedere a più risorse e servizi. In questi casi è molto utile connetterli con i servizi forniti da altre organizzazioni, ad esempio garantendo che siano iscritti a scuola, poiché questo li aiuta a sentirsi parte attiva della comunità.
Il recupero è possibile
Le persone ci chiedono se è possibile che questi bambini si riprendano. La risposta è sì, certo. Vediamo bambini e adolescenti che hanno subito enormi traumi e difficoltà, ma che non vedono l’ora di diventare membri attivi delle loro comunità. È una cosa davvero toccante.
La maggior parte di questi bambini vuole sposarsi, avere un lavoro, tornare dalle loro famiglie. Il processo di cura permette loro di raggiungere questi obiettivi. Anche i loro genitori e familiari ne riconoscono i benefici. Un segno di questo è l’alto numero di sessioni di follow-up che riusciamo a fare e il fatto che due terzi dei nostri pazienti dimessi abbiano completato con successo il trattamento. Gli esseri umani sono molto resilienti, hanno la capacità di non focalizzarsi sui momenti difficili del passato ma sui loro obiettivi futuri, per ritrovare di nuovo la felicità.