Noi non restiamo a guardare

Storie di vita quotidiana, di sfide, di frustrazioni, di emozioni, di dolori, di gioie vissute dai nostri operatori umanitari italiani.

Anna, neuropsicologa in Pakistan, racconta la dignità di una popolazione sfollata che ha perso tutto nelle terribili alluvioni che hanno flagellato il Paese nel 2010. Giovanni, medico, descrive la sua giornata nel Norte de Santander, Colombia, in trasferta sulla jeep di MSF, per raggiungere tra guadi, impantanamenti e strade disastrate popolazioni sovente escluse dall’accesso alle cure di base.

Laura, amministratrice del progetto a Dadaab, in Kenya – il più grande campo rifugiati al mondo dal quale non si scappa, non si esce in cerca di futuro – esterna le sue sensazioni al fidanzato lontano. Tina, ostetrica, alle prese con un parto difficile in piena notte e senza luce. E molte altre testimonianze dalle principali zone di crisi in cui operiamo: Afghanistan, Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, India, Guatemala, Bangladesh ma anche dal nostro Paese, l’Italia, dove a Mineo, in provincia di Catania, si trova un centro di accoglienza per richiedenti asilo.

E proprio da lì, educatori italiani e stranieri parlano della loro esperienza con i migranti fuggiti dalla guerra in Libia, in attesa di un futuro migliore di quello che hanno lasciato. Un libro che dà uno spaccato degli aspetti più intimi e personali di medici, infermieri, chirurghi ma anche di ingegneri, esperti di potabilizzazione dell’acqua, logisti, mettendo a nudo le loro debolezze, i loro dubbi, le loro paure, spesso facendo ricorso all’autoironia necessaria per non essere travolti dagli eventi. Un viaggio attraverso un’umanità poliedrica e articolata, corredato dalla prefazione di Dacia Maraini e dalle riflessioni di alcuni scrittori e giornalisti (Daria BignardiSilvia Di NataleAndrej LongoAntonio Pascale, Renata PisuAntonio Scurati) che hanno avuto la possibilità di conoscere e incontrare i nostri operatori.

Le loro lettere sincere, che a volte mostrano, è vero, la stanchezza, il senso di impotenza di fronte ai compiti immani e alle difficoltà che si moltiplicano, non si rivelano però affatto arrese, né scoraggiate né ciniche. Al contrario, sono piene di vita e di pensiero. (…) Comprendere è difficile, ma quasi sempre questi coraggiosi italiani (i migliori di noi, i più generosi e intrepidi), finiscono per comprendere, e nel modo più generoso e sincero, quando le loro mani nude e impaurite si fermano su un corpo piagato, sperando con tutte le proprie forze di guarirlo. In quella speranza sta il segreto di una meravigliosa scommessa”, scrive Dacia Maraini nella prefazione.