Sono trascorsi 6 anni dall’inizio della crisi umanitaria in Bangladeshche coinvolge la popolazione Rohingya.
Quello a cui stiamo assistendo oggi è un continuo peggioramento delle condizioni di vita dei rifugiati dovute a un progressivo disinteresse della comunità internazionale, che ha considerevolmente tagliato i fondi destinati a questa crisi e a un incremento delle misure di controllo dei movimenti e delle libertà di questa popolazione.
In Bangladesh, MSF lavora all’interno di uno dei più grandi e sovrappopolati campi rifugiati del mondo, dove quasi un milione di persone vive in strutture temporanee costruite con pali di bamboo, teli e pezzi di lamiere.
Una delle cose che fa più impressione conoscendo i Rohynga è la prospettiva di vita che queste persone si trovano davanti. Un milione di persone bloccate in un campo profughi dal quale non possono uscire se non per ragioni di salute, impossibilitate a ottenere legalmente un lavoro che permetta un sostentamento e una vita dignitosa e totalmente dipendenti da un aiuto umanitario in continua diminuzione.
C’è un’intera generazione di bambini, quelli nati a partire dal 2017, che conosce solo un mondo fatto di “villaggi”, i cui confini sono recinti di fili spinato, senza la possibilità di frequentare qualsiasi tipo di scuola che abbia un valore legale.
La vita in questo limbo, in condizioni di vita precarie e con l’incertezza sulla prospettiva di un ritorno nel paese di origine, sommati alle memorie e al trauma delle violenze e della fuga, sono spesso causa di problematiche mentali e depressione.
Nel 2019 e nel 2020, la pandemia globale di Covid-19 ha ridisegnato l’agenda sanitaria mondiale e, come successo in tantissimi paesi, anche in Bangladesh abbiamo assistito a un considerevole taglio agli aiuti umanitari.
Tantissime organizzazioni che gestivano centri di salute, strutture idriche, centri di apprendimento e distribuzione alimentare hanno chiuso le proprie attività. MSF è stata l’unica organizzazione umanitaria che non solo è riuscita a mantenere le proprie attività, ma è riuscita a migliorare i servizi medici offerti alla popolazione.
I bisogni medico-umanitari sono così grandi che le attività di MSF nella regione hanno dovuto adattarsi per rispondere alle crescenti necessità.
MSF in Bangladesh gestisce 3 ospedali con operatrici e operatori che forniscono servizi di ospedalizzazione pediatrica, maternità, trattamento di malattie croniche non trasmissibili, servizi di pronto soccorso, trasferimenti tramite ambulanze e supporto alla salute mentale. Il numero dei pazienti che ogni anno in Bangladesh si affida alle cure di MSF rappresenta una grande fonte di orgoglio per la nostra squadra e la fiducia che la popolazione ha nella qualità dei servizi che offriamo.
Oltre 200.000 consultazioni mediche ogni anno, 1.829 parti assistiti, più di 20.000 sedute di salute mentale e oltre 5.000 sedute di psichiatria. D’altro canto, il numero dei pazienti che assistiamo parla chiaramente di una crisi umanitaria sempre più dimenticata.
La cosa di cui ero più orgoglioso, mentre gestivo i progetti di MSF in Bangladesh, era il fatto che fossimo l’unico attore umanitario a offrire consulenze psicologiche. Immaginate il dolore e il bisogno di ascolto di una persona che si è vista bruciare la casa e il villaggio natale, che è stata testimone dell’uccisione o dello stupro di figli, parenti e amici e che si trova ora bloccata in un campo.
In un certo senso penso che il sostegno psicologico che forniamo ogni giorno possa essere quasi più importante delle cure mediche che offriamo. È con questo lavoro e questa prossimità che veramente testimoniamo la nostra solidarietà e quella di chi ci sostiene verso questa popolazione.
Tutto questo è possibile ogni giorno perché MSF è un’organizzazione indipendente. I fondi raccolti grazie al 5×1000 ci hanno aiutato a continuare a lavorare quando tanti altri attori hanno dovuto abbandonare il Paese. Il vostro aiuto sarà ancora più importante ora che tante altre crisi restano o verranno dimenticate.