La situazione è drammatica perché il disastro è esteso. Il ciclone ha impattato su Beira, dove ha spazzato via il 70% dei tetti delle case, un 15% sono crollate. Molte persone sono state ferite, perché volavano lamiere, c’erano alberi che cadevano.
Poi sono arrivati 3-4 giorni di pioggia. Il ciclone è entrato a Beira ed è arrivato in Zimbabwe continuando a devastare e portando con sé una quantità mostruosa di acqua. Tutta quell’acqua si è riversata e ha inondato l’intera valle.
Tutta l’infrastruttura elettrica è crollata. Ovunque vai ci sono pali della luce caduti, cavi elettrici ovunque, funziona tutto tramite generatori. Mancando l’elettricità mancano anche le pompe, l’acqua non arriva da nessuna parte in città.
“La gente non ha casa, non ha cibo, non ha acqua” Il racconto di Gabriele Santi, capoprogetto #MSF dal cuore della catastrofe in #Mozambico #ciclone @SkyTG24 https://t.co/awGkdzWjdw pic.twitter.com/cQZsnxN7jh
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) March 23, 2019
Il primo problema sono le case, la gente non ha rifugio, sono senza un tetto sulla testa. Poi l’acqua, la gente beve acqua dai canali o da terra, ma è acqua sporca che può portare malattie.
17 centri di salute sono stati gravemente danneggiati, l’ultimo è crollato. Lavorano tutti a spazio ridotto perché non hanno più il tetto. L’ospedale è di fronte all’oceano e ha ricevuto in pieno il ciclone, quindi la devastazione dell’ospedale è ancora maggiore.
L’altro problema è il cibo. Beira è rimasta tagliata fuori. La maggior parte del cibo arriva dalle zone agricole, ma tutto completamente allagato e le strade sono interrotte. È già una settimana che le risorse scarseggiano e stanno diminuendo sempre di più.
Una grossa difficoltà è la comunicazione. È difficile organizzare i soccorsi perché non riusciamo a comunicare facilmente tra di noi.
Il nostro progetto HIV è saltato perché i centri in cui lavoravamo non hanno più la struttura. Stiamo cercando di ristrutturare almeno tre grossi centri per la salute e avviare cliniche mobili nelle zone più devastate dove c’è ancora acqua alta e le persone hanno più bisogno. Abbiamo avviato le nostre cliniche mobili e abbiamo supportato distribuzione di medicinali.
A Beira hanno evacuato molte zone e istituito centri di accoglienza in cui si sono radunate le persone dalle aree completamente inondate. Dalle zone più isolate sono state fatte delle evacuazioni via elicottero. Le squadre MSF sono attive in città e raggiungeranno le aree più lontane. La città di Dondo è ancora più bassa rispetto a Beira ed è stata travolta dal fiume.
Nei vari tentativi di scendere a Beira, il fiume era diventato un lago che attraversava la strada per un chilometro e mezzo, una quantità di acqua devastante. C’era gente che cercava di passare e qualcuno è finito in acqua. Avendo vissuto qui in città è impressionante, la scuola dove andavano i ragazzi è sfondata, è una città completamente rotta. Non si può contare la quantità di alberi caduta sulle case e sulle strade.
La priorità ora è ristabilire l’acqua potabile e l’assistenza sanitaria di base. Poi ricostruire le case e garantire cibo. Le persone non sanno dove andare a prendere il cibo. Una cosa difficilissima da fare in una città di 500.000 che si estende per 25 km. Ci stiamo focalizzado su alcune zone dove ci sono i principali centri sanitari per creare dei centri di referenza medica.
Ma la gente non ha casa, non ha cibo, non ha acqua.