Con le nuove regole imposte dal governo italiano alle navi delle ONG, saremo costretti a lasciare sguarnite le zone di soccorso nel mar Mediterraneo, con un inevitabile aumento del numero dei morti.
In questi anni abbiamo cercato di colmare il vuoto lasciato dall’assenza di un sistema di soccorso statale, ma se ci rendono il compito più difficile, se non impossibile, chi andrà a salvare vite umane?
L’accusare di illegalità chi effettua operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo è solo la conferma di un alto livello di propaganda su questo tema. Si denuncia un’illegalità che non esiste. Noi di Medici senza frontiere da sempre rispettiamo tutte le norme. A novembre, durante il blocco della nostra nave Geo Barents nel porto di Catania, abbiamo reso pubbliche le comunicazioni con le autorità di coordinamento dei soccorsi, per dimostrare il rispetto di tutte le procedure. Se qualcuno è in difetto, sono proprio le autorità, che non coordinano e spesso nemmeno rispondono.
Si concentra l’attenzione sulla strumentalizzazione dei soccorsi, associandoli al contrasto al traffico di esseri umani, ma si distoglie da quello che è il reale problema e la nostra preoccupazione: da gennaio a oggi, nel Mediterraneo Centrale, sono morte 1360 persone, in assenza di un sistema centralizzato di soccorsi. Dal 2014 i morti sono 25 mila, questa è la vera emergenza.
Salvare vite diventa difficile
Da oggi, però, salvare vite in mare diventerà molto difficile. È sicuramente importante che venga assegnato subito un porto sicuro per lo sbarco. Dall’altra parte, però, lo stiamo vedendo in questi giorni, il porto indicato rischia di essere molto lontano dalla zona SAR, come Livorno o Ravenna. Per arrivare in un porto siciliano bastano spesso 24 ore di navigazione, per raggiungere Ravenna almeno 4 giorni. Poi ci sono i tempi per le operazioni di sbarco e il viaggio di ritorno: in questo modo una nave rischia di restare esclusa dai soccorsi per 10 giorni.
Lasciare così sguarnito il Mediterraneo causerà un aumento della mortalità in mare. Immaginate un incidente in auto con molti feriti e le ambulanze costrette a portarli negli ospedali di un’altra regione. A un certo punto non ci saranno più ambulanze disponibili.
I comandanti e gli equipaggi delle navi si troveranno di fronte a un dilemma etico, tra il dovere di prestare soccorso secondo il diritto del mare, e quello di rispettare le regole dirigendosi verso il porto dopo aver effettuato il primo salvataggio. E pensare che, fino al 2017, quando il nostro aiuto era ritenuto prezioso e c’era un meccanismo collaudato di soccorso, spesso era la Guardia Costiera a chiederci di restare in mare un giorno in più per coprire una zona e sopperire alla loro carenza di mezzi…