Federico Saracini

Federico Saracini

Coordinatore di progetto MSF
Ferite invisibili agli occhi

Eccomi sveglio nel pieno della notte. Un brutto sogno e l’ansia che non mi fa riaddormentare. Mi succede a volte, ma ancora più spesso quando sono in missione. Pensieri, tensioni e questioni personali che si intrecciano con quelle professionali: ecco pronta la ricetta per le notti bianche.

Chissà quante altre persone in questo stesso momento stanno osservando ad occhi aperti il soffitto scuro sulle loro teste. L’ansia purtroppo colpisce molti, ma soprattutto chi vive in situazioni di disagio. Per me è un esercizio elementare spiegare il mio stato d’ansia nel contesto in cui mi trovo.

Quando a crearci disagio sono problemi ordinari, a volte basta cambiare abitudini: meno alcool e caffé, un po’ di sport, contatti sociali, meditazione e così si ristabilisce la calma e possiamo affrontare il problema con lucidità. Ma quando a creare stati d’ansia sono eventi superiori alle nostre competenze individuali, ci troviamo disarmati e incapaci di una risposta adeguata. Siamo soli.

Come reagire quando si scatena l’inferno nel paese in cui vivi e non hai il privilegio del passaporto giusto per fuggire? Quando sei parte di una comunità oppressa o ti trovi alla mercé del cambiamento climatico che da un giorno all’altro può portarti via quel poco che hai?

Quando vieni svegliato ogni notte, ogni maledettissima notte, da bande di coloni che armati di fucile e cani rabbiosi al guinzaglio vengono ad urlarti alla porta di casa che te ne devi andare o altrimenti un giorno bruceranno casa tua, con te dentro?

Quando ogni volta che devi andare al mercato a fare la spesa, o sulla strada verso un lavoro da miseria, vieni puntualmente fermato da una milizia locale che se va bene ti estorce dei soldi, ma può anche accadere che ti portino via e ti facciano scomparire senza che nessuno possa mai più ritrovarti (o ritrovare il tuo corpo)? Quando intorno a te si muore di freddo, fame ed epidemie?

Quando dentro si hanno aperte ferite invisibili agli occhi, serve un altro tipo di sostegno. Nessuno è nato per poter sopportare quotidianamente eventi di questo genere, non nel lungo periodo. Spesso neppure l’aiuto di terzi serve a molto poiché un intervento efficace sull’individuo dovrebbe poter essere integrato da un’azione parallela sul contesto che genera il problema ma MSF, da 50 anni ormai, prova a dare una mano.

Con la sua presenza e la testimonianza, con l’impegno di tanti operatori presenti dove è necessario, dove anche una sola tenda bianca piazzata su un terreno polveroso può rappresentare un rifugio fisico e mentale per molti.

Il primo programma di natura psicosociale di MSF è stato realizzato nel 1990, a Gaza (Palestina). Ironia della sorte, è proprio da quelle parti, in Cisgiordania, che ho svolto la mia prima missione con MSF in un programma di salute mentale.

Per la prima volta ho visto quanto non solo il sostegno specializzato, ma anche la presenza fisica ed empatica di una organizzazione e dei suoi membri possa aiutare molto chi ha la vita presa d’assedio e l’anima violata.

In Libano

Oggi sono di nuovo in Medioriente, questa volta in Libano, un paese che sta lentamente soccombendo a una crisi economica e a una crisi politica che rischia di infrangere la pace inter-settaria faticosamente costruita con l’accordo di Taif nel 1989.

Nel bel mezzo di un’incontrollabile epidemia di Coronavirus e dopo l’enorme esplosione del porto di Beirut che ha portato via vite, distrutto famiglie e palazzi interi, io, come allora, mi ritrovo a dibattermi con la mia ansia.

Fortunatamente, come durante le notti bianche passate a Nablus, stanotte è venuto in mio soccorso un aiuto inatteso. Il canto di un muezzin che diffondendosi per le vie del quartiere mi ha ricondotto al momento presente e, placando la mia agitazione, mi ha riaccompagnato dolcemente verso quel sonno che sembrava ormai perso.