Un mese di silenzio. Di parole e cordoglio mai arrivati.
Di questo ennesimo naufragio, mi rimarrà nella testa la disperazione dei sopravvissuti e delle sopravvissute, le urla strazianti di chi – venuto da lontano alla ricerca dei propri cari – non li ha trovati, la rassegnazione negli occhi di chi ha perso tutto, ma soprattutto il silenzio del governo e la volontà esplicita di nascondere alla stampa, all’opinione pubblica, al mondo la tragedia avvenuta.
Nessuna parola di conforto per i sopravvissuti e le sopravvissute, nessuna commemorazione per i corpi recuperati dal mare, alcuni ancora senza un’identità, nessun cordoglio né giustizia per i familiari delle vittime, arrivati sul posto nella speranza di riconoscere i volti dei propri cari tra le salme.
Ad un mese dal naufragio avvenuto la notte del 16 giugno scorso a largo delle coste calabresi, le autorità italiane e le istituzioni europee che pure hanno ignorato questa strage decidono di rinnovare ed incoraggiare politiche di deterrenza che continuano a uccidere.
Proprio oggi si tiene a Tripoli il Trans-Mediterranean Migration Forum dedicato al tema dell’immigrazione irregolare tra Africa ed Europa e al quale parteciperanno anche la premier Meloni e il ministro dell’interno Piantedosi. L’obiettivo dichiarato è garantire un coordinamento integrato sotto un’unica guida tra i paesi di origine, transito e destinazione dei flussi migratori.
Parole che mascherano ancora una volta un intento e una logica di contenimento e lasciano intendere una chiara volontà delle autorità libiche di gestione del fenomeno.
La nostra presenza a fianco dei sopravvissuti e delle famiglie dei dispersi durante l’ultimo naufragio avvenuto sulle coste calabresi ci ha resi, ancora una volta, testimoni diretti delle conseguenze letali di anni di politiche di deterrenza profondamente discriminatorie. I corpi di chi ha perso la vita e le parole di chi è sopravvissuto raccontano di frontiere sempre più violente, di mari sempre più desolati e di terre che respingono anziché accogliere e proteggere chi scappa.
Le politiche italiane ed europee hanno infatti gradualmente impedito l’accesso in Europa attraverso vie legali e sicure, riducendo al contempo le attività di monitoraggio e salvataggio istituzionali e ostacolando le operazioni di ricerca e soccorso condotte dalla società civile nel Mediterraneo.
Con l’obiettivo di impedire le partenze, l’Italia e l’UE hanno stretto accordi con paesi terzi che spesso si rendono responsabili di gravi violazioni verso le persone migranti, incoraggiando e finanziando respingimenti forzati e violenza sistematica alle frontiere.
In linea con le politiche di esternalizzazione dei confini, alcune riforme legislative, elaborate proprio all’indomani della strage di Cutro del febbraio 2023, hanno ulteriormente ridotto la possibilità di protezione, rafforzando le procedure accelerate di frontiera, introducendo nuove misure di inammissibilità, smantellando la protezione speciale ed esponendo migliaia di persone all’irregolarità e al rischio di detenzione ed espulsione.
Di fronte al doloroso vissuto delle persone che abbiamo assistito a Roccella, i decisori politici hanno scelto un lungo ed ostinato silenzio irrispettoso della dignità delle vittime e delle loro famiglie, cieco e noncurante delle sofferenze dei sopravvissuti e delle sopravvissute, nel tentativo di rendere invisibile l’ennesimo naufragio e di evitare il piano pubblico e politico.
Un silenzio che continua a non riconoscere la letalità delle attuali politiche migratorie. Dinanzi alla volontà delle istituzioni italiane ed europee di prediligere misure di criminalizzazione e contrasto alla migrazione, è fondamentale ed imperativo che la tendenza venga invertita.
Le politiche di esternalizzazione dei confini e delle responsabilità da parte dell’Unione Europea e degli Stati membri hanno già mostrato la loro inefficacia e il carico enorme in termini di vite umane. L’Italia e l’UE devono impegnarsi a ripristinare quanto prima un dispositivo efficace di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e ad aprire vie d’ingresso sicure e legali, riportando la responsabilità di assistere le persone in cerca di protezione al centro delle politiche migratorie, nel pieno rispetto degli obblighi internazionali e dei principi di solidarietà ed umanità.
Al forum che si terrà oggi, come MSF auspichiamo che non si discutano solo le questioni di sicurezza e contenimento dei flussi migratori ma che vengano anche sollevate le urgenti problematiche legate alle sistematiche violazioni dei diritti fondamentali da parte delle autorità libiche e alle modalità con cui il fenomeno migratorio viene affrontato e gestito.
Auspichiamo che il forum apra un dialogo costruttivo che metta al centro le persone e non solo le politiche di controllo delle frontiere, promuovendo soluzioni che rispettino i diritti fondamentali e offrano reale protezione a chi fugge da situazioni di pericolo e violenza.