Armando lavorava come logista nel nostro progetto di Beira, in Mozambico, prima che il ciclone colpisse la città. Ora è impegnato nelle operazioni di emergenza e in un raro momento di pausa ci ha scritto questa lettera.
Ciao ragazzi,
riesco a tirare un attimo il fiato solo adesso.
Sembrano passati due mesi, ma sono solo 6 giorni che sono tornato a Beira dopo l’evacuazione.
Il rientro da Chimoio è stato straziante e commovente. Straziante per la situazione in cui versava Beira, commovente perché rivedere i colleghi in un ufficio che non si poteva più definire tale mi ha fatto venire il groppo in gola.
MSF mi stupisce sempre. A una settimana dal ciclone stiamo già riabilitando 3 centri salute, organizzando i camion dell’acqua e dando supporto ad altri centri che sono in condizioni veramente terribili. Il nostro team di promozione alla salute sta lavorando con le comunità, mentre il team di analisi mappa i punti critici del territorio in moto.
La mancanza d’acqua e di elettricità sta causando numerosi casi di diarrea molto gravi, e ci prepariamo a rispondere a eventuali picchi di altre malattie trasmettibili con l’acqua.
Parte del mio lavoro è seguire la riabilitazione dei centri di salute. Passo da uno all’altro. La cosa peggiore di tutte è vedere i bimbi, della stessa età del mio, disidratati e quasi agonizzanti in braccio alle madri in queste strutture mezze distrutte.
Ma ci sono anche buone notizie. Da ieri sera in alcuni punti della città sono tornate acqua e elettricità. Sempre ieri hanno riaperto la strada di collegamento Chimoio-Beira, il che vuol dire che i camion possono passare con cibo e acqua.
Personalmente sono molto stanco e provato ragazzi. Nonostante siano arrivati i rinforzi (siamo passati da 13 operatori a 70 in pochi giorni), lo stato di emergenza richiede una mole di lavoro impressionante. I colleghi del team emergenze poi sono dei centometristi, sono abituati a missioni brevi e vanno a mille all’ora!
Per fortuna oggi son riuscito a rilassarmi un attimo. La macchina sta ingranando e tengo botta.
Un abbraccio forte,
Armando