Marilen Osinalde

Marilen Osinalde

Psicologa MSF

La scatola mangia paure

Marilen Osinalde

Marilen Osinalde

Psicologa MSF
La scatola mangia paure

Un uomo afgano è fuggito dal suo paese e dai talebani. Ora si trova nella giungla panamense con la famiglia e un bambino di due anni. Quando ha capito che arrivare in Europa era impossibile ha deciso di cercare asilo negli Stati Uniti. Partendo a piedi dall’Ecuador, l’unico paese che l’ha fatto entrare con un visto, è costretto a rischiare la sua vita.

Le persone che arrivano dopo aver attraversato la giungla del Darién, uno dei confini più pericolosi al mondo alla frontiera tra Panama e Colombia, sono tantissime. Un ragazzo somalo di 18 anni ha lasciato il suo paese dopo che sua madre ha venduto la piccola fattoria. Il giovane ha deciso di attraversare mezzo mondo in cerca della possibilità di una vita migliore. “Entrare in Europa era impossibile”, spiega.

Nel 2022, quasi 250.000 persone hanno attraversato questa frontiera irregolarmente. La situazione adesso è, se possibile, ancora peggiore e i numeri stanno aumentando significativamente nel 2023: da gennaio in poi sono arrivate ogni giorno più di mille persone di almeno 35 nazionalità diverse. Poco si parla di questa situazione, i migranti non sono trattati come essere umani. La possibilità per loro di ricevere assistenza psicologica è tanto scarsa quanto le loro opportunità e scelte di vita.

Il senso di colpa affligge quasi tutti. È una violenza nascosta, che individualizza e addossa le colpe alle persone per “aver scelto” di rischiare la propria vita.

Ricordo un uomo, ad esempio, proveniente dal Venezuela dove è passato da una carriera professionale in amministrazione a dover vivere con 10 dollari al mese. È stato in prigione varie volte per aver manifestato in strada. Mentre racconta nasconde le mani. Confessa di vergognarsi delle sue unghie sporche: ha ancor addosso il fango della giungla. Piange molto. La sua sofferenza è una reazione alla violenza di tutte le porte che gli sono state chiuse in faccia.

Nel Darién non si affonda inghiottiti dal mare, qui il cimitero è a cielo aperto. Cadaveri senza nome di mamme con bambini, persone ferite abbandonate a loro stesse. Fiumi che crescono all’improvviso e si portano via i più deboli, serpenti e animali selvaggi. Queste persone sono costrette a rischiare la vita.

Arrivano in territorio panamense a digiuno da giorni durante i quali si sono dissetati con acqua inquinata, l’unica disponibile. Per quasi tutti la meta sono gli Stati Uniti. Ancora cinque paesi da attraversare, pericoli e crudeltà estrema.

Le persone che attraversano il Darién sono invisibili, poco si parla di cosa stia accadendo. Le rotte migratorie sono il chiaro esempio di quanto nel mondo di oggi il benessere, anche psicologico, sia ancora un privilegio di pochi.

Le paure dei bambini

Decine di bambini spaventati arrivano tutti giorni ai centri di accoglienza per migranti a Panama. Hanno rischiato la loro vita attraversando la Giungla del Darién.

Vengono terrorizzati alla nostra tenda dove diamo supporto psicologico. Un bambino di 9 anni, nato in Ecuador, si è avvicinato da solo e ci ha detto: “Ho bisogno di parlare con qualcuno che mi capisca, mi sento solo e sono triste, ho visto mia nonna morire nel fiume. Mi manca e non capisco perché mi succede questo”. Si sente colpevole: avevano deciso di emigrare perché lui voleva studiare all’Università.

I bambini hanno bisogno prima di tutto di liberarsi: attraverso il disegno esprimono i propri sentimenti. Ci raccontano, se possono, ciò che li ha colpiti di più. E la scatola mangia paure fa il suo lavoro: si mangia le immagini di cadaveri, le esperienze di annegare nel fiume, i serpenti e gli animali selvaggi, il rumore delle persone che gridano quando sono violentate. Facciamo un rituale di liberazione in cui la scatola si mangia tutte le paure (reali). Così aumenta la sicurezza interiore e diminuisce il senso di pericolo.

Non c’è genitore con cui ho parlato che non abbia un grandissimo senso di colpa. Si dimenticano che non hanno avuto altre opportunità.

I bambini si rendono conto che hanno vissuto in un pezzo di mondo troppo crudele e in una vita dove non sembra esserci umanità. Non è loro la colpa, ma pagano comunque il prezzo di non essere nati nella parte privilegiata del mondo.