Le tensioni di questi giorni sull’isola di Lesbo dimostrano ancora una volta il fallimento dell’Europa. Un’Europa crudele, cinica e spietata di fronte alla sorte di uomini, donne e bambini che fuggono da conflitti, come quello in corso in Siria. È da incoscienti continuare a far finta di non capire quello che sta accadendo a Lesbo.
Oggi la nostra clinica pediatrica di fronte al campo di Moria è rimasta chiusa per ragioni di sicurezza. Non sappiamo se domani potremo riaprirla, stiamo aspettando garanzie dalle autorità. È doloroso per noi non poter svolgere il nostro lavoro ma la sicurezza del nostro staff è condizione necessaria per poter assistere i nostri pazienti.
Dall’inizio dell’anno, mentre tutte le ONG chiedevano aiuto per la situazione ingestibile, ci siamo trovati davanti a una repressione violenta, lacrimogeni lanciati contro richiedenti asilo che manifestavano per chiedere servizi di base non solo per strada ma anche di fronte alla nostra clinica pediatrica. Da settimane l’ostilità e la frustrazione sono diventate ingestibili, cori di reazioni aggressive da parte di gruppi isolati contro la disperazione degli abitanti di Moria, nella completa assenza delle istituzioni greche.
Come una zona di guerra
La situazione che viviamo qui ogni giorno non è molto diversa da quella di una zona di guerra, una guerra fatta alla dignità, ai diritti umani e alla resilienza di chi fugge per cercare sicurezza. In Europa, un continente teoricamente sicuro, si è scelto deliberatamente di voltare lo sguardo altrove.
Dalla scorsa estate stiamo registrando un aumento esponenziale di arrivi che non si sono fermati, da allora non è stata data alcuna risposta. In 8 mesi siamo passati da 6.500 alle attuali 20.000 persone nel campo di Moria, attrezzato per ospitarne non più di 3.000.
La nostra clinica pediatrica conta più di 100 visite al giorno, tra queste ci sono bambini con gravi patologie cardiache, casi di epilessia, diabete. Ma la maggior parte dei bambini viene nella nostra clinica per problemi causati dalle condizioni di vita in cui sono costretti da tempo. Problemi respiratori, dermatologici, legati alla nutrizione, e psicosomatici. Disturbi del sonno, di concentrazione, di sviluppo e soprattutto tanta, tanta paura. Ci prendiamo cura di bambini che lottano per restare tali.
Sono spaventati, esposti a situazioni pericolose e senza un posto sicuro dove stare. Si chiudono a guscio. Accogliamo genitori che ci dicono che i loro bambini non vogliono più uscire dalle tende, che hanno smesso di parlare. Oltre al trauma della guerra, della fuga, la sofferenza di vivere a Lesbo toglie ogni speranza ai nostri piccoli pazienti.
Una tenda non è il posto sicuro dove si aspettavano di vivere. Moria è troppo per loro. E di loro che ci occupiamo, di chi vuole essere semplicemente un bambino. Il diritto di essere bambini è qui fagocitato dalla miseria di un campo senza dignità, alle porte d’Europa.
Gli Stati membri dell’UE devono affrontare la vera emergenza: evacuare le persone dalle isole verso quei paesi europei che sono in grado di accoglierli, fornire un sistema di asilo funzionante, smettere di intrappolare le persone in condizioni orribili. Il calcolo politico sulla pelle degli innocenti deve essere fermato ora.