È difficile per me non piangere quando parlo di Gaza perché non penso di aver mai visto un esercito così crudele e così inarrestabile nella sua aggressione contro una popolazione civile e più specificamente contro i bambini e le donne, che non hanno nulla a che fare con l’obiettivo originale dell’esercito israeliano, quello di sbarazzarsi di Hamas.
Sono andata a Gaza 3 volte dall’inizio della guerra, in totale ho trascorso 5 mesi lì.
Riceviamo moltissimi bambini e donne nei pronto soccorso dell’ospedale in cui lavoriamo. Il numero di bambini che ho visto con braccia o gambe amputate o bambini uccisi è sbalorditivo.
Lavorare sotto attacco
A giugno stavo lavorando all’ospedale di Al-Aqsa come responsabile delle attività mediche e le forze israeliane sono arrivate a Nuseirat per liberare 4 ostaggi. Quando lo hanno fatto hanno ucciso, chiamandoli “danni collaterali”, ben oltre 300 persone. Ero nel pronto soccorso.
C’erano persone di tutte le età. Erano centinaia di persone morte, morenti, gambe staccate, persone intubate sul pavimento, tubi toracici messi senza controlli di prevenzione delle infezioni.
Era un caos.
Non c’erano letti. Le persone vengono intubate e curate a terra. In alcuni casi dovevo spingere i corpi dei pazienti su un lato in modo da poter portare altri pazienti bisognosi di cure.
Non avevo mai visto niente del genere, ma il numero di vittime a Gaza è tale da sopraffare qualsiasi ospedale. Al-Aqsa era l’unico ospedale in piedi a Deir al-Balah e per questo ha ricevuto tutte le vittime di tutti gli attacchi israeliani.
Ogni persona uccisa viene portata all’ospedale di Al-Aqsa dove viene contata e registrata e poi avvolta in un sacco o in un panno. I corpi vengono deposti davanti all’ospedale e le persone vanno a porgere i loro ultimi saluti. Questa procedura in sé non dura molto, ma viene fatto con ogni singolo corpo che entra nell’ospedale Al-Aqsa.
Che sia arrivato già morto o che sia morto in ospedale, in ogni caso i corpi arrivano in questo ospedale e hanno questa preghiera che dura pochi minuti. Poi le famiglie prendono i corpi e li seppelliscono. Questo accade tutto il tempo e la gente a volte non presta nemmeno attenzione.
Il catastrofico deterioramento della situazione umanitaria e medica a Gaza è una diretta conseguenza dei bombardamenti indiscriminati di Israele, delle restrizioni estese e dell’ostruzione agli aiuti nell’ultimo anno.
L’ostruzionismo delle forze israeliane è costante e riguarda le forniture, come le attrezzature mediche. Mancano costantemente farmaci essenziali, antibiotici, garze, strumenti per fare interventi chirurgici. Manca anche il cibo.
Molte persone sfollate hanno costruito rifugi inadeguati sulle spiagge
Mi ricordo di una spiaggia a Gaza dove a gennaio non c’era nemmeno una tenda. Ricordo di aver viaggiato in auto con un paziente gravemente malato a 100 chilometri all’ora su una strada lì vicino. Oggi non posso percorrere quella strada a più di 10 chilometri all’ora perché ci sono tende ovunque. Questo è particolarmente scioccante per me.
In seguito al grande sfollamento di persone che dal nord della Striscia di Gaza si erano trasferite a Rafah, la popolazione di questa zona aveva raggiunto quota di circa 1,4 / 1,5 milioni di persone. Queste persone sono state poi spinte verso la zona centrale della Striscia.
Il problema è che non c’è spazio perché gli edifici sono distrutti e non ci sono infrastrutture. Per questo le persone sono andate a vivere sulle spiagge. Non hanno tende. Non hanno nessuna struttura che possa resistere alle intemperie. Hanno tappeti, vecchi materassi, un pezzo di plastica, qualche pezzo di legno che tiene insieme il tutto. E oggi l’intera spiaggia è piena di queste strutture inconsistenti.
Ora è inverno e le tempeste a Gaza sono terribili.
Ai bambini viene negata l’evacuazione medica da Gaza alla Giordania
Ci sono bambini che sono sull’orlo della malnutrizione. Vivono in condizioni insalubri e si ammalano gravemente. Negli ultimi mesi, MSF ha chiesto l’evacuazione medica di 32 bambini e dei loro tutori da Gaza alla Giordania, ma solo 6 sono stati autorizzati a partire.
È sconcertante per me che le forze israeliane e il governo israeliano continuino a bloccare le evacuazioni mediche di quei pazienti. Stiamo parlando di bambini con il cancro. Stiamo parlando di feriti con lesioni devastanti, ma che possono essere salvati. Stiamo parlando di bambini con amputazioni che possono essere gestite molto meglio fuori da Gaza. Stiamo parlando di tutti i tipi di condizioni mediche che dovrebbero ricevere il consenso per essere trattate all’esterno, ma questo non succede.
Perché vietare a un bambino di quattro anni di lasciare Gaza quando sanno molto bene che questo bambino non ha speranza di sopravvivenza qui?
I governi d’Europa, degli Stati Uniti, dell’Arabia Saudita, del Qatar: ci sono così tanti paesi che dovrebbero essere in grado di prendere in carico questi pazienti. È l’unica cosa umana da fare, mi sembra, eppure non vediamo alcun sforzo, nessuna buona volontà, nessun interesse genuino da parte del resto del mondo a prendersi cura di queste persone.
Questo non ha niente a che fare con la politica. Ha solo a che fare con gli esseri umani e con il prendersi cura degli altri.
Le conseguenze mediche per i pazienti che non possono lasciare il paese sono ovviamente catastrofiche. Già il futuro per loro è cupo, ma il futuro senza entrambe le gambe, senza la speranza di essere curati in un ospedale che ha tutto il necessario, è ancora più grave.
Non penso di avere abbastanza parole per descrivere la crudeltà che sta accadendo.
Non si tratta solo di una famiglia. Si tratta di una famiglia dopo l’altra.
Tutto è distrutto
Scuole, università, moschee, ospedali. Tutto è distrutto. Tutto.
Non si può restare. Non si può, perché non c’è niente per cui restare.
A Gaza all’interno degli edifici distrutti o sulle grandi lastre di muro che restano di un edificio vengono fatti dei graffiti. Mi hanno detto che vengono fatti quando c’è qualcuno che è ancora sotto le macerie, che non ha potuto essere portato fuori. Spesso si tratta di un ritratto di quella persona.
Dal 7 ottobre 2024, il governatorato di Gaza settentrionale è stato continuamente attaccato e assediato dalle forze israeliane.
Il livello di distruzione nel nord è anche peggiore di quello di Rafah o di Khan Younis. Anche quando guardo a Khan Younis o a Rafah oggi, non riesco a ricostruire quei luoghi nella memoria.
Le persone vivono nelle loro case distrutte. Metteranno un tappeto, metteranno qualsiasi cosa possano mettere e poi ci vivranno ancora. Non c’è lavoro, ma questa è la loro casa ed è lì che vogliono stare.
La cosa peggiore è pensare che questa apocalisse è opera dell’uomo e viene fatta volutamente. Non c’è nulla di questa distruzione che è stato lasciato al caso. È solo questione di tempo prima che chiunque muoia a Gaza.
Il ricordo di una bambina ferita in un momento drammatico
Durante l’attacco di giugno, quando le forze israeliane sono andate a liberare i 4 ostaggi, tra le vittime degli attacchi c’era anche una bambina.
Quando sono entrata nel pronto soccorso c’erano centinaia di persone sdraiate sul pavimento e c’era anche questa bambina. Penso che avesse forse 2 o 3 anni e sembrava stesse dormendo. Era in posizione fetale, da sola, e sappiamo tutti che le famiglie palestinesi sono sempre lì con i loro figli. Non si lascia una bambina da sola.
Ma in qualche modo questa bambina era lì da sola, nessuno che le prestasse attenzione. Sono una mamma, quindi sono andata da questa bambina, ovviamente, perché tutti gli altri avevano qualcuno con loro. Sono andata a parlare con un’infermiera che ha detto che aveva una ferita alla testa e probabilmente non stava bene.
Stava dormendo o forse era in coma, non lo sapevo. Anche se sapevo di non poter fare molto per lei e c’erano altri pazienti che probabilmente avevano bisogno di assistenza, c’era qualcosa che mi spingeva a voler prendere questa bambina tra le braccia e stare lì con lei.
Quel giorno per me sarà sempre l’immagine di questa bambina che dormiva, apparentemente, tutta sola sul pavimento. Sangue dappertutto, gente che urlava e questa bambina che stava lì, sdraiata lì, e non faceva niente in mezzo a un sacco di rumore.