La tortura mostra il lato più odioso dell’essere umano. Dolorosa, umiliante, intenzionale. Non si ferma nemmeno se riesci a scappare dal tuo aguzzino. Perché la tortura ti spezza, annienta l’identità dell’individuo, è fatta per schiacciare, intimorire, distruggere.
Disturbi del sonno, depressione, crisi di panico sono alcune delle sue conseguenze devastanti e permanenti sulla salute fisica e mentale. Un sopravvissuto a tortura può perfino non riuscire ad affrontare un semplice contrattempo quotidiano. Una fila al supermercato, l’avviso di un guasto in metropolitana.
Non sento più di avere un’anima”
Me lo ha detto un paziente del nostro ambulatorio per sopravvissuti a tortura a Palermo. Un uomo. Una persona migrante. Una persona distrutta.
In Libia è rimasto rinchiuso per settimane in una stanza minuscola, insieme a oltre 40 persone, deprivato di cibo, acqua, libertà, parola, movimento. Picchiato quotidianamente con dei bastoni, è stato abusato sessualmente. Impossibile ricordare i giorni in cui non è collassato.
Un’altra nostra paziente è stata rinchiusa per settimane in una stanza al buio, insieme a sua figlia e altre donne. Sua figlia è stata violentata ripetutamente davanti ai suoi occhi, mentre lei stessa veniva stuprata. “Guardavo mia figlia e non avevo il permesso di muovermi, non potevo aiutarla. Li ho supplicati ma non hanno smesso, avrei voluto urlare ma non potevo, sono svenuta. Voglio dimenticare la Libia, non voglio più sentirne parlare”.
La tortura è un crimine gravissimo contro i diritti e la dignità umana, tanto da spingere gli Stati, compresa l’Italia, a ratificare una specifica Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
Il percorso terapeutico di una persona sopravvissuta a tortura è estremamente difficile. Per molti pazienti è complesso anche solo pensare di avere il diritto di chiedere, di esprimere la propria opinione, dopo aver imparato a stare zitti e subire.
Avere fiducia nel prossimo diventa quasi impossibile quando ci si sente invisibili e il senso di ingiustizia e di disumanità è di un peso inimmaginabile.
Il diritto alla giustizia ha un profondo impatto sulla riabilitazione, per questo la Convenzione internazionale sulla tortura riconosce il diritto alla riparazione e alla piena riabilitazione.
Con il rimpatrio di Almasri, l’Italia ha disatteso gli impegni assunti a livello internazionale in termini di tutela e riabilitazione delle persone sopravvissute a tortura e negato alle numerose vittime dei crimini indicibili il diritto alla giustizia e alla riparazione.
L’Italia ha scelto di garantire impunità alle autorità libiche e di ignorare il vissuto delle vittime, ledendo ulteriormente la loro dignità e ostacolando il percorso di riabilitazione di quanti si trovano ora nel nostro paese, dove dovrebbe essere garantito il pieno accesso a tutti gli strumenti necessari alla piena riabilitazione.
Non oso immaginare cos’hanno provato le persone che hanno subìto torture nel vedere un torturatore rientrare in patria, grazie alle istituzioni che dovevano fermarlo.
Dopo la tortura, è arrivata la beffa.